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Il “tesoro” del lavoro femminile

Che dopo il Covid ha sofferto più del lavoro maschile

Fabrizio Galimberti 08/03/2024

 Il “tesoro” del lavoro femminile Il “tesoro” del lavoro femminile Ci sono due giacimenti di crescita potenziale in Italia: il Sud e l’occupazione femminile. Per il primo, ci affidiamo ai miliardi del Pnrr. Guardiamo al secondo. L’Istat ha appena rilasciato i dati su occupati e disoccupati al gennaio 2024, e così completa 20 anni da quando – al gennaio 2004 – ha iniziato le statistiche mensili destagionalizzate sul mercato del lavoro. Tempo di guardare, allora, al ventennio intero. L’occupazione totale è a livelli record (malgrado, nel frattempo, la popolazione sia diminuita, e di conseguenza anche il tasso di occupazione – occupati in percentuale della popolazione in età di lavoro – è a livello record). Questi massimi dell’occupazione sono dovuti, tuttavia, quasi interamente all’occupazione femminile, che sorpassa il livello di partenza per oltre un milione di occupati, mentre i maschi sono solo circa 150mila in più rispetto a venti anni fa. Questo strappo (benvenuto) dell’occupazione femminile ha dietro tendenze di lungo periodo. Si tratta principalmente di fattori psico-sociologici, che hanno spostato la donna dal suo ruolo tradizionale di angelo del focolare, e spinto la ricerca di indipendenza economica e di realizzazione di sé da parte degli ex-angeli. Qui l’Italia ripercorre con molto ritardo il cammino degli altri Paesi avanzati, e ha davanti a sé molta altra strada da fare, dato che, se la dinamica va nella direzione giusta, il livello del tasso di occupazione femminile è ancora molto al di sotto di quello degli altri Paesi (una minorità, questa, che, come detto sopra, è anche una potenziale promessa di crescita). Ma la trama si infittisce. Se dividiamo il ventennio in due decenni, vediamo che nel 2004-2014 (un periodo rigato dalla Grande recessione e dalla crisi dei debiti sovrani) l’occupazione maschile discese rapidamente, e trascinò nella discesa anche l’occupazione totale, malgrado la forte ascesa dell’occupazione femminile. Ma, nel secondo decennio – 2014-2024 – la storia è inaspettatamente diversa.
 
L’occupazione aumenta abbastanza di concerto, fin verso il 2019, fra uomini e donne – anche se questa volta l’occupazione maschile cresce di più. A partire dall’annus horribilis del 2020, tuttavia, gli andamenti si divaricano ancora: l’occupazione femminile crolla molto di più di quella maschile, e, anche quando si riprende, non tiene il passo dei maschi: talché, a oggi, il livello delle donne occupate è ancora al di sotto dei massimi pre-pandemia, mentre l’occupazione maschile si trova largamente al di sopra. Le cause non sono del tutto chiare. Perché la situazione occupazionale delle donne ha sofferto, col Covid, più di quella degli uomini? Forse perché a essere sacrificati sono stati i posti di lavoro più fragili, in cui erano maggiormente rappresentate le donne? O forse, i periodi di forzata inattività hanno costretto molti/molte a rivalutare la scelta casa/lavoro, e a decidere che non valeva la pena di cercare un posto a tutti i costi? O forse, l’abbrivio strutturale dell’occupazione femminile ha finito per dover fare i conti con i tanti ostacoli che rendono difficile alle donne di conciliare vita familiare e vita lavorativa, a partire dai problemi di mobilità e disponibilità di asili nido? In ogni caso, se vogliamo sfruttare quel giacimento, dobbiamo rimuovere le cause che hanno rallentato i guadagni dell’occupazione femminile.
 
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