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La Nobel Oleksandra Romantsova: "Putin non è invincibile, è vulnerabile come tutti i dittatori"
Giulia Zonca, La Stampa, 13 aprile
Redazione InPiù 14/04/2024
La Nobel Oleksandra Romantsova: "Putin non è invincibile, è vulnerabile come tutti i dittatori"
Una Nobel per la pace che per ben due volte chiede di essere arruolata rende esattamente l'idea di quanto una guerra tolga ogni senso alle definizioni e alle persone, obbliga a scelte impossibili, stravolge la logica e Oleksandra Romantsova, impegnata ad analizzare dati sui crimini che rinnegano i diritti umani al Center for Civil Liberties di Kiev, intervistata sulla Stampa di sabato 13 aprile da Giulia Zonca, si ritrova più volte a usare la parola «vincere»: «Se l'Ucraina non vince, la Russia diventa un vostro problema». È la provocazione con cui chiude l'intervento al Pordenone Docs Festival dove presenta «The Kyiv files», del regista Walter Stockman, storie uscite dai documenti desecretati del Kgb. Leggendo i dati su cui lei lavora da più di dieci anni, questa guerra si poteva prevedere? «Lo scenario che viviamo non lo ha prodotto Putin. Stalin non è mai stato giudicato per i danni che ha fatto, il sistema di oggi ha ereditato il suo mondo e ogni stortura è diventata norma. Gli archivi sono una collezione di orrori secolari che ci portano qui, all'invasione. Putin si limita a fare citazioni del passato». Se i dati spiegano i motivi della guerra e l'hanno pure prevista, lì ci si trova anche la soluzione? «Le informazioni sono potere, ci mostrano che cosa non fare. In passato abbiamo creduto più nell'economia che nella giustizia: meglio avere uno stipendio sostanzioso piuttosto che un futuro, per vent'anni i politici in Ucraina hanno ripetuto che smettere di dialogare con i russi avrebbe avuto ripercussioni sul benessere collettivo». Come si interrompe la catena di errori? «Prendendosi la responsabilità. Non esistono società ideali. Vanno rispettate le differenze, ogni volta che viene scelta una verità unica si apre la strada all'aggressione. Nessuno in Ucraina si permette di dire che la Russia deve cambiare, tocca a loro, ai loro cittadini occuparsene. Noi lottiamo perché non vogliamo essere inglobati in quello schema. Se andassero via e liberassero la nostra gente penseremmo ad amore e famiglia, non a modificare la visione di Putin». Come si torna alla sicurezza in una terra contesa? «Abbiamo pessimi vicini in effetti... Russia, Bielorussi, Transnistria, la Turchia dall'altra parte del mar Nero. Hanno subìto il lavaggio del cervello, sono figli della propaganda, la stessa che arriva anche in Italia. Lo sapete come vi vedono i russi? Non come una grande democrazia, come un grande supermercato. I diritti umani non sono astratte regole morali, sono una struttura, aiutano a prevenire la guerra. In Russia non rispettano i diritti umani. Prima di attaccare noi, hanno massacrato la libertà interna».
Leggi l'intervista completa sul sito di InPiù
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