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La condanna

Walter Veltroni, Rizzoli, 2024

Ex libris - Elisabetta Bolondi 05/04/2024

La condanna La condanna La condanna di Walter Veltroni , Rizzoli 2024
“Tra cinque anni i giornali saranno finiti, non lo vedi che non c’è un solo umano sotto i quaranta anni che ne compri uno? Sono stato in un’edicola, ho chiesto un quotidiano e mi hanno guardato come fossi un marziano. E poi ora arriva l’intelligenza artificiale…”. Con queste parole, all’inizio del nuovo romanzo “La condanna”( Rizzoli 2024) , il capo della redazione interni di un noto quotidiano romano, Sergio Fabiani,  si rivolge al ventiquattrenne Giovanni, ragazzo atipico, claustrofobico, fragile ma appassionato del giornalismo d’inchiesta: con la guida di Fabiani tenta di fare  le sue prime esperienze, sapendo quanto sia precario il suo contratto al giornale. Riceve l’incarico di procurare il materiale per una pagina che il caposervizio della cultura Fabiani  vuole scrivere sul caso Carretta: Giovanni si vergogna di rivelare di non conoscere quel nome, e deciso a lavorare con serietà accetta l’incarico con l’entusiasmo del neofita. Parte spedito consultando Google. Gli appare una storia risalente al 1989. Ispirandosi a Truman Capote, maestro nel raccontare la realtà, Giovanni si appassiona al caso di cronaca nera che ha per protagonista Ferdinando Carretta, un ventisettenne che uccide l’intera famiglia, ne nasconde i cadaveri in una discarica, ma solo molti anni dopo, a Londra, confesserà ad un giornalista i suoi delitti spaventosi. Convinto di aver fatto un buon lavoro, Giovanni si presenta al suo capo, che sfoglia  le pagine del suo articolo su Ferdinando Carretta, ma poi alza lo sguardo dichiarando all’attonito autore che non è lui il Carretta in questione; Fabiani voleva la documentazione su Donato Carretta, ad ottanta anni dalla sua tragica morte avvenuta in modo orribile nell’estate del 1944: “Quando non sai qualcosa, non chiedere a Google, parla con qualcuno, è sempre meglio”: ecco la lezione di giornalismo che viene data a Giovanni, che ne farà tesoro. Da qui Walter Veltroni parte per immergersi, con la voce del giovane redattore e della sua compagna di scuola Loredana, appassionata giurista, nella storia di Donato Carretta, il direttore del carcere di Regina Coeli, che aveva deciso di testimoniare al processo che si teneva al Palazzo di Giustizia  contro il questore di Roma Caruso, nel processo che lo vedeva accusato di aver stilato la lista dei detenuti destinati al massacro che di lì a poche ore si sarebbe svolto alle Fosse Ardeatine. Fabiani impartisce all’inesperto Giovanni alcune nozioni fondamentali per la ricerca che si accinge a fare, ricordando un esempio di grande giornalismo, quello di Norman Mailer, il celebre autore de “Il nudo e il morto” , che scrisse un libro, The fight, raccontando lo scontro del 1975 a Kinshasa tra due leggende del pugilato, Muhammad Ali e George Foreman: un vero capolavoro di pezzo giornalistico, nel quale lo scrittore si fa personaggio dentro la storia che racconta. Giovanni, galvanizzato dall’incoraggiamento, parte per la sua ricerca: archivi, libri, testimonianze, ricerche in biblioteca, e l’aiuto utilissimo della collega Loredana. Veltroni ripercorre  i giorni terribili della primavera del ‘44, quando Roma era dominata dal colonnello Kappler, capo della Gestapo, che teneva la città sotto una dittatura feroce, mentre a via Tasso, alla pensione Jaccarino, la banda Koch e altri  fascisti alleati con i nazisti arrestavano, torturavano, uccidevano i resistenti che tentavano di opporsi. L’attentato gappista di via Rasella, del 23 marzo di quell’anno, scatenò la rabbia incontenibile di Hitler: la rappresaglia doveva essere eseguita immediatamente, e 335 italiani dovevano essere uccisi subito in segreto. La lista fu approntata da Caruso e porta la sua firma. Il racconto di come, durante il processo caotico tenutosi al Palazzaccio, filmato con cura da Luchino Visconti, la folla imbestialita dal ritardo con cui il processo a Caruso si andava svolgendo, identificò nel testimone Carretta un colpevole, forse scambiandolo per lo stesso Caruso che era stato allontanato, e con una furia bestiale e una violenza inconcepibile, fece scempio dell’uomo, solo e indifeso, fino a linciarlo, gettarlo nel Tevere, infierendo sul suo corpo devastato fino ad annegarlo a bastonate nel fiume, per poi appenderlo alle grate del carcere romano. Pagina tra le più oscure della storia cittadina, pagina infamante. Solo due persone, secondo la ricostruzione analitica di Giovanni, tentarono di salvare l’uomo innocente del delitto che gli veniva attribuito secondo i “si dice” che venivano urlati di bocca in bocca da una folla scatenata, irrazionale,  assetata di vendetta, per quanto aveva vissuto e sofferto nei mesi precedenti. Veltroni ha scritto un libro sulla giustizia, sulla differenza fra dittatura e stato democratico, non ideologico, ma pieno di riferimenti ad una cultura della legalità che il nuovo stato democratico ancora non conosceva, dopo il ventennio fascista e la tragedia della guerra, delle deportazioni, dell’orrore delle sopraffazioni, delle delazioni,  delle torture: dopo l’eccidio delle Ardeatine  a Roma la folla voleva solo la vendetta a qualunque costo, perdendo ogni forma di residua umanità. Le carte ingiallite dell’inchiesta, gli esempi di grandi narratori, Capote e Calvino, Mailer e Fellini, la capacità di entrare dentro le vicende dei personaggi di cui si vuole narrare la storia, insegnano a Giovanni i principi di un sano giornalismo serio, documentato, articolato nelle sfaccettature che spesso sfuggono a narrazioni troppo frettolose, anche se, i fatti accertati vanno poi descritti con intelligenza ed obiettività. Nel libro in filigrana si intravede il Veltroni amante del cinema, direttore di giornale, fondatore di un partito progressista, autore di romanzi che hanno sempre per protagonista la sua e la nostra città, per la quale nutre la  grande passione del politico, del giornalista, dell’intellettuale. 
 
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