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Salomè Zourabichvili: "Putin vuole la Georgia, io resto per difendere la democrazia"

Monica Perosino, La Stampa, 3 dicembre

Redazione InPiù 08/12/2024

Salomè Zourabichvili: Salomè Zourabichvili: "Putin vuole la Georgia, io resto per difendere la democrazia" Centinaia di migliaia  di georgiani sono scesi in piazza per la quinta notte consecutiva contro il congelamento dei colloqui di adesione all'Ue deciso dal governo filorusso, reduce da una vittoria elettorale su cui gravano prove di irregolarità, intimidazioni diffuse e solidi indizi di brogli su vasta scala. Un'altra notte di violenze della polizia e arresti di massa. Ma più il governo tenta di reprimere il dissenso, maggiore è la partecipazione di chi si oppone a una decisione che vorrebbe riportare la Georgia tra le braccia della Russia e lontano dall'Europa. «Più la repressione si fa selvaggia, più le proteste aumenteranno», dice la presidente della Georgia Salomé Zourabichvili, intervistata sulla Stampa di martedì 3 dicembre da Monica Perosino, e dal primo giorno si è schierata a fianco dei manifestanti diventandone il simbolo istituzionale della contestazione e ultimo ostacolo alla russificazione del Paese. La presidente ha definito illegittimo il governo del Paese e ha affermato che non lascerà l'incarico, sfidando il primo ministro, che accusa le forze di opposizione filo-Ue di complottare per la rivoluzione, e il Cremlino, che torna a evocare il Maidan ucraino. Presidente, cosa sta succedendo? «La Russia sta conducendo una guerra ibrida contro la Georgia. Il mio Paese è sotto attacco. Si è manifestata attraverso elezioni fraudolente, propaganda sistematica, repressione, leggi illiberali. I russi stanno supportando alcuni dei loro proxy in diversi Paesi, non solo in Georgia, ma anche in Romania e Moldavia. La guerra ibrida del Cremlino è una tattica rodata, non ha bisogno di intervenire direttamente in Goergia perché ha un partito al governo che è completamente nelle sue mani». Qual è l'obiettivo di Mosca? «La Russia mira a distogliere la Georgia dal suo cammino europeo e a trascinarla contro la sua volontà dentro la sua sfera di influenza». Prima le cosiddette "leggi russe" volute dal governo, poi le elezioni legislative del 26 ottobre considerate illegittime da Europa e Osce, infine l'annuncio del congelamento dei negoziati per l'adesione alla Ue. Perché questa accelerazione? «Le elezioni che hanno portato a questo parlamento non sono legittime. Non sono riconosciute da nessuno, in primo luogo dalla popolazione georgiana che si sente defraudata . Nessun partito di opposizione siede in aula perché non riconosce l'attuale governo come vincitore e Parlamento Ue e organi77a7ioni internazionali hanno denunciato i brogli e chiesto di ripetere il voto. Quindi al momento la Georgia ha un governo e un parlamento illegittimi. In questo contesto è interessante vedere che, nonostante tutto ciò, il primo ministro abbia comunque deciso di sospendere i negoziati europei in un Paese in cui 1'80% dei cittadini si dichiara fortemente europeista e che già stava contestando le "leggi russe". Era ovvio che questa mossa avrebbe scatenato proteste. È stata una scelta stupida, o perlomeno un grave errore di valutazione. Probabilmente sperava che ci sarebbero state proteste, ma che i manifestanti si sarebbero stancati subito e si sarebbero rassegnati». E invece non solo non si sono stancati, anzi. Lei ha condannato fermamente la repressione, scendendo addirittura in piazza per parlare con la polizia antisommossa. «Le proteste ormai sono diffuse in tutto il Paese. Una novità, perché di solito si concentravano nella capitale. Sono tutte spontanee, pacifiche. Tuttavia, avrete visto che la repressione è selvaggia, violenta. La maggior parte dei manifestanti arrestati ha ferite alla testa e al volto, ossa e orbite rotte, ferite aperte. Sono stati sottoposti a pestaggi sistematici tra l'arresto e il trasporto in strutture di detenzione già sovraffollate. Inoltre, in piazza sono comparsi soggetti che non fanno parte delle forze regolari di polizia, e sono i più violenti. Completamente vestiti di nero, non sono identificabili, indossano passamontagna e non hanno segni di riconoscimento. Questa repressione deve essere condannata con forza dai nostri partner perché è un tentativo di trasformare manifestazioni pacifiche in scontri violenti per dividere il Paese».
 
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