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Barbero: “Fuggo dalla burocrazia e vado in pensione”
Francesca Rivano, La Stampa, 17 ottobre
Redazione InPiù 19/10/2024
Barbero: “Fuggo dalla burocrazia e vado in pensione”
Scatoloni pronti per essere imballati, libri accatastati e, sulla scrivania, tre tesi di laurea, discusse poche ore prima. Il professor Alessandro Barbero – intervistato da Francesca Rivano sulla Stampa del 17 ottobre – sta per traslocare dal secondo piano di Palazzo Tartara, espansione ottocentesca dell’O- spedale di Vercelli fondato nel 1224 dal cardinal Guala Bicchieri. Va in pensione lo storico che ha rovesciato il paradigma del Medioevo come epoca buia e che, su YouTube, ha ottenuto due milioni di visualizzazioni con una lezione su Cavour. A Vercelli, Barbero è arrivato nel 1998, l’anno di fondazione dell’Università del Piemonte Orientale, come docente di Storia Medievale. Perché va in pensione? «Il destino mi ha riservato la fortuna di trovare attività gratificanti anche al di fuori dell’Università. E, dopo 40 anni nei quali ho orgogliosamente insegnato Storia medievale, mi sono accorto che il lavoro di docente è diventato inutilmente più gravoso. La burocratizzazione del nostro mestiere, il tempo passato a svolgere attività che un amministrativo farebbe molto meglio, la pretesa di trasformare studiosi e ricercatori in capi ufficio ha reso stressante un lavoro bellissimo. Non voglio provare l’ansia di sprecare il mio tempo in attività che non sono quelle per le quali mi sono formato e siccome sono sufficientemente vecchio per ricordare un periodo in cui le cose funzionavano in modo diverso, credo sia il momento di lasciare». I suoi superiori come l’hanno presa? «Nell’Università non ci sono superiori, al di là di una gerarchia per molti aspetti iniqua tra professori ordinari, associati e ricercatori. Chi assume funzioni dirigenziali è un tuo pari che hai votato e che, dopo qualche anno, tornerà al suo posto. L’attuale società, però, incentiva una certa deriva verso le gerarchie, anche nelle scuole e questo, secondo me, è uno dei mali del sistema. O magari sono io che, a 65 anni, tendo a vedere gli aspetti negativi piuttosto che i lati positivi del presente». Ventisei anni nello stesso ateneo ... «Quando sono arrivato, questa Università era stata la seconda facoltà dell’Università di Torino, cresciuta grazie a studiosi di grandissimo valore, docenti che magari non si sono fermati a Vercelli per l’intera carriera ma hanno dato il proprio contributo a far nascere il progetto. E la città ha risposto fin da subito molto bene». Non ha mai pensato di trasferirsi in un ateneo più grande o più conosciuto? «Le grandi università offrono maggiori opportunità per chi voglia spendersi a livello organizzativo, curare progetti e cercare finanziamenti e agli studenti garantiscono un ventaglio di corsi maggiori. A me, però, interessa fare ricerca e insegnare. E un ateneo di medie dimensioni è decisamente la situazione ottimale. Sfianca meno per la quantità di esami da fare e di tesi da seguire e consente un rapporto più diretto con i ragazzi».
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