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Spannaus: «Trump punta ad allargare i consensi»

Fabio Dragoni, la Verità, 22 luglio

Redazione InPiù 27/07/2024

Spannaus: «Trump punta ad allargare i consensi» Spannaus: «Trump punta ad allargare i consensi» La strategia di Donald Trump è allargare la base dei consensi. Lo spiega, Andrew Spannaus, analista di geopolitica e americano in Italia - non- ché animatore del podcast That’s America su Radio 24, intervistato da Fabio Dragoni per La Verità del 22 luglio. Alla convention repubblicana di Milwaukee. Il Trump che dice che sarà «il presidente di tutti gli americani e non di metà di essi» è effettivamente cambiato o è sempre lo stesso Trump? «Sotto sotto è lo stesso Trump. In superficie, prova ad allargare il suo consenso. Ha abbassato i toni dopo l’attentato in Pennsylvania. Ma la sostanza non è cambiata molto. Che riesca in questa operazione ho qualche dubbio. Certo la sua narrazione di essere vittima dello Stato profondo che lo vuole fare fuori esce rafforzata. Ma c’è un limite superiore. Non guadagnerà il voto di qualche democratico. Qualcuno ai margini può pensare che Trump non dica “cazzate”, certo. E le elezioni si vincono sui margini. Su decine di migliaia di voti». La scelta di J.D. Vance sembra però molto divisiva e non inclusiva! «Trump si è pentito di aver scelto Mike Pence come vice otto anni fa. Ora vuole persone fedeli. Vance su certi temi è “più Trump di Trump”. Ad esempio, sull’aborto Donald ha posizioni più pragmatiche ora. Vance ha lavorato nella finanza e dopo le Torri gemelle si è arruolato nei marines, anche se non in reparti da combattimento. Ora è un critico della globalizzazione liberista. E propone due messaggi molto chiari: “Hanno spostato le nostre fabbriche all’estero e mandano a morire in guerra i nostri ragazz i”. È un repubblicano di rottura». Ma Vance è popolare? «Parzialmente. È conosciuto per il suo libro ed il film. Questo non vuol dire che sia apprezzato dalla maggioranza. È molto criticato dalla stampa mainstream. Ne ho appena scritto per Aspenia. Le critiche si concentrano sulla sua incoerenza. Dopo aver bollato Trump di essere come Hitler è diventato un suo forte sostenitore. Insiste sulle presunte frodi nelle elezioni del 2020. Ha detto che al posto di Pence non avrebbe certificato il voto. In termini di vita personale, però, la sua è una storia molto “compelling” capace di attrarre voti in alcune parti del Paese». Luttwak ha sostenuto che la nomina di Vance è una sorta di polizza sulla vita per Donald Trump. Perché il messaggio in bottiglia è: «Se provate a farmi fuori sarò sostituito da uno più Trump di me». «La scelta di qualcuno Maga (Make America Great Again, ndr) era nell’aria da tempo. Da mesi se non da anni il partito è cambiato. Un think tank come l’Heritage Foundation è molto più trumpiano oggi di otto anni fa. L’establishment repubblicano è sconfitto. Lo si è visto quando Nikki Haley alle primarie ha perso proponendo di combattere i dittatori in tutto il mondo. E di ridurre il debito pubblico e quindi la spesa su pensioni e sanità. Questa è stata la dimostrazione della incapacità del partito repubblicano tradizionale di capire la nuova situazione». Si favoleggia molto sul dissenso dentro il partito repubblicano per Trump. Ma un elettore repubblicano insoddisfatto può sottrarsi dal votare The Donald? «Per vincere bisogna ottenere il consenso di oltre il 90% degli elettori che si identificano con il proprio partito. Trump e Biden nel 2020 hanno entrambi avuto un 92% circa. Le primarie repubblicane ci dicono che Trump è lontano da quel livello. Se dovesse scendere all’85% sarebbe in difficoltà. Il tetto al sostegno esplicito a Trump oggi è intorno al 47-48%. La verità è che non è Trump ad aver guadagnato voti ma Biden ad averli persi. Non si fidano più di lui. È c’è un candidato minore di peso come RFK, Jr. (Robert Fitzgerald Kennedy, ndr)». (Leggi l'intervista completa sul sito InPiù)
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