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Jimmy Chérizier: “Vudù e fucili Haiti non si salva senza le mie gang”
Fabio Tonacci, la Repubblica 18 luglio 2024
Redazione InPiù 20/07/2024
Jimmy Chérizier: “Vudù e fucili Haiti non si salva senza le mie gang”
Su Repubblica del 18 luglio Fabio Tonacci intervista Jimmy Chérizier. Dicono che quel soprannome, Barbecue, se lo sia guadagnato sul campo per la mania di bruciare i cadaveri dei nemici, dopo averli uccisi. «Una bugia creata dal sistema contro cui lotto», ribatte però Jimmy Chérizier, l’ex sbirro diventato uno dei gangster più potenti e pericolosi di Haiti. Forse il più potente, di certo il più conosciuto: è l’unico, del resto, che dimostra di avere un’intelligenza politica. «Mi chiamano Barbecue da quarant’anni, non c’entra niente ciò che faccio». Repubblica lo incontra nel quartiere dove è nato, Delmas 6, una delle tante “war zones” di Port au Prince che segnano la resa dello Stato e dove la polizia non mette piede. Disastrato regno di anarchia, fame e distruzione, dove una sola legge è in vigore: quella di Barbecue. Jimmy Chérizier, 47 anni, non si considera la causa, ma la conseguenza. “Sono solo un servitore del popolo», ripete. Già capo della feroce federazione di nove gang denominata G9, si è fatto promotore dell’alleanza tra tutte le bande armate di Haiti, compresi i rivali storici della G-Pep: insieme, ora, stringono nel pugno l’80 per cento della capitale. Viv Ansanm, così in creolo si chiama l’alleanza Vivere Insieme, a febbraio l’ha messa a ferro e fuoco, lasciando a terra centinaia di morti e fer- madosi a cinquanta metri dal Palazzo Nazionale. Il pre- mier Ariel Henry non ha potuto far altro che dimettersi. Nel disinteresse della comunità internazionale, Port au Prince sprofonda giorno dopo giorno in un’emergenza umanitaria di proporzioni catastrofiche, ostaggio della guerriglia, soffocata da montagne di spazzatura, paralizzata da 578 mila sfollati (tra cui 180 mila bambini) che dormono sui marciapiedi. Solo da pochi giorni sono arrivati sull’isola due contingenti di poliziotti keniani della missione delle Nazioni Unite che ha il compito di aiutare il debole governo del neo-nominato Garry Conille a riprendere il controllo della capitale. La fase è cruciale, e la domanda è la solita. Cosa faranno le gang? «Stiamo osservando. Prima di agire vogliamo capire come si muove Conille, se farà qualcosa di buono per la gente che soffre o se invece perpetuerà il sistema. Viv Ansanm vuole la pace, siamo aperti al dialogo». E se Conille non accetterà di scendere a patti con voi? «Già al primo ministro Henry avevamo chiesto di dialogare, non ci ha ascoltato perciò lo abbiamo cacciato con la forza e con le armi. Oggi la situazione è simile, siamo aperti a negoziare con Conille per evitare altro spargimento di sangue e il rischio di finire in una guerra civile. Se non ci ascolta, combatteremo». Sono sbarcati un migliaio di poliziotti keniani. La spaventano? «Siamo haitiani, non abbiamo paura di niente…».
Leggi l'intervista integrale sul sito di InPiù
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