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Bagnasco: Elite potente al lavoro perché non si facciano più figli

Davide Perego, La Verità, 20 aprile

Redazione InPiù 21/04/2023

Bagnasco: Elite potente al lavoro perché non si facciano più figli  Bagnasco: Elite potente al lavoro perché non si facciano più figli “Un'elite con interessi giganteschi non vuole che si facciano più figli”. Lo afferma il cardinal Angelo Bagnasco intervistato da Davide Perego per La Verità del 20 aprile. Ex arcivescovo di Genova, è stato per due mandati presidente della Cei ed è stato anche presidente del consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa. L'Italia, e quasi tutto il continente europeo, sta attraversando un inverno demografico più volte denunciato. Eppure l'emergenza sembra quella dell'aborto, inteso come «diritto» negato. A suo modo di vedere, in questo deserto di famiglie, dominano motivazioni socio-economiche o, per così dire, culturali? «L'inverno demografico è sotto gli occhi di tutti, tranne di chi predica che siamo troppi e che la Terra si sta tragicamente esaurendo. Non credo a questa narrazione. Penso che siano in atto interessi giganteschi a favore di élite sempre più ristrette: interessi di profitto e di potere. Perché, ad esempio, non si fertilizzano i deserti? Perché non si semplifica la desalinizzazione del mare? Gli esperti dicono che è possibile. Per quanto riguarda la diminuzione demografia, si invocano da decenni politiche familiari vere e incisive, che non diano da una parte e tolgano dall'altra. Ma ciò non basta: in certe parti del mondo, dove il livello di vita si è elevato, sono diminuiti i figli. Qui entrano motivazioni spirituali e culturali: i figli sono un bene, una grazia per tutti anche se necessariamente pongono dei limiti, ma sono limiti d'amore. Ogni volta che, per i vicoli di Genova, vedo genitori con i loro bambini, sorrido, saluto e prego per loro». Una vulgata tende a descrivere l'era Bergoglio come quella che ha portato, in Italia, a un drastico calo del potere «nazionale» e politico e della Cei. Nella sua esperienza questo è vero? E perché? «Nei dieci anni di presidente dei vescovi italiani, ho scoperto che il mondo sociale e politico poneva una notevole attenzione alle parole dei vescovi: erano un punto di confronto, riflessione e discussione nei loro ambienti. Questo anche da parte di mondi non vicini alla Chiesa. Direi addirittura che aspettavano questi momenti, anche se a volte erano mediaticamente critici. Penso che sia la posizione giusta nel rapporto fra lo Stato italiano e la Cei. Le valutazioni possono essere differenti, ma il rispetto, il confronto anche a distanza, il desiderio di collaborare per il bene comune, sono ingredienti per sintesi più alte su problemi che riguardano il bene comune, i valori morali».
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