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Vivian Gornick: “Ragazze, il lavoro conta più dell'amore”

Berna Gonzalez Harbour, la Repubblica, 9 febbraio 2023

Redazione InPiù 10/02/2023

Vivian Gornick: “Ragazze, il lavoro conta più dell'amore” Vivian Gornick: “Ragazze, il lavoro conta più dell'amore” Vivian Gornick, intervistata su Repubblica del 9 febbraio da Berna Gonzalez Harbour, sta vivendo uno di quegli strani momenti che a volte si presentano, nella letteratura e nella vita: un grande successo tardivo. Crede che il MeToo e un cambiamento nella sensibilità abbiano portato le donne giovani a guardare a quelle della sua generazione, riscoprendo riferimenti come “La fine del romanzo d’amore” (Bompiani), un’opera degli anni Novanta nella quale Gornick ridimensiona la fede eccessiva che la letteratura ha riposto nella coppia. Nel libro, questa newyorkese di 87 anni profondamente femminista demolisce i luoghi comuni sull’amore. E così in una conversazione via Zoom. L’amore così come lo conoscevamo non esiste più? «Oggi è impossibile fare grande letteratura partendo dall’amore romantico. Un tempo l’amore era considerato, sotto molti aspetti, una grande metafora della condizione umana. Oggi non lo si considera né lo si vive più come un tempo, quando non esisteva il divorzio e le decisioni venivano prese nell’ignoranza. Oggi non si potrebbero più scrivere Anna Karenina o Madame Bovary. Sappiamo che l’amore romantico non rappresenta la salvezza». Lei crede nell’amore come motore della vita? «L’amore è una grande necessità, uno dei modi principali che abbiamo per sentirci vivi. Ma lo è anche il lavoro. Sono i due grandi elementi che ci fanno stare bene. Come ha detto Freud, la vita è lavoro e amore, in quest’ordine. Non amore e lavoro». Anche il matrimonio come modello di felicità non esiste più? «Esatto, oggi tutti si sposano sapendo di poter divorziare, la sacralità del matrimonio è finita». Lei come lo ha vissuto? «Io sono cresciuta nel Bronx, dove in ogni palazzo vivevano molte coppie infelici. Nessuno si sognava di lasciare nessuno e le donne fantasticavano su come sarebbe stata la loro vita se avessero incontrato l’uomo giusto. L’ambiente in cui sono cresciuta mi ha allontanata dal matrimonio. Mia madre credeva nell’idea di un grande amore, e mi diceva che era la cosa più importante, ma a me non piaceva. Mio padre è morto giovane e da quella catastrofe non ci siamo mai ripresi. Io non volevo riprodurre quello schema». E qual era la sua idea di indipendenza? «Mi sono sempre immaginata scrittrice, fin da bambina. Quando avevo otto anni, un’insegnante lesse ad alta voce in classe una cosa che avevo scritto e poi disse: “Questa bambina è una scrittrice”. E io le credetti (ride)». 
 
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