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Astensionismo fa rima con leaderismo?

Come modificare i meccanismi elettorali

Giuseppe Roma 11/06/2025

Astensionismo fa rima con leaderismo? Astensionismo fa rima con leaderismo? Il declino nella partecipazione al voto, in atto da anni nel nostro Paese è confermato nei referendum, è sintomo di un diffuso malessere e mette a rischio la credibilità della nostra democrazia. In generale, non andare a votare indica, per una parte significativa dell’elettorato, una sfiducia nelle istituzioni e un senso di impotenza nel determinare gli assetti di potere. Più specificamente, bisogna tener conto anche di altri fattori. Differenze significative si registrano nel tempo e a seconda del tipo di elezione. Nelle ultime elezioni politiche della Prima Repubblica, nel 1992, si recò a votare l’87,3% degli aventi diritto. Anche successivamente la quota di elettori si è mantenuta attorno all’80%, mentre il primo calo significativo si verificò nelle elezioni del 2013 (75%) e soprattutto nelle ultime del 2022, quando si raggiunse il minimo storico del 64%. Ancora più preoccupante è il calo nella partecipazione alle elezioni regionali: nel 2019 si è votato per Piemonte ed Umbria, con una partecipazione del 63%, ma le ultime regionali hanno visto un vero e proprio crollo dei votanti: per il Consiglio Regionale del Lazio nel 2023 ha votato il 37,2%, per quello dell’Emilia-Romagna, nel 2024, il 46,4%.
 
Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito a ben otto diverse elezioni regionali. Infine, se consideriamo i referendum, nei 10 referendum tenuti dal 1997 nove hanno registrato una partecipazione non superiore a un terzo degli aventi diritto. Quindi, se alla base dell’astensionismo c’è la sfiducia nei confronti della politica, a questo si aggiungono altri fattori. Il calo progressivo è andato di pari passo con un’accentuata personalizzazione della politica. I leader si sono sostituiti ai partiti organizzati, cercando un rapporto diretto e quotidiano con l’opinione pubblica tramite i social. Mettere un like o misurare il consenso settimanalmente con i sondaggi rischia di diventare un surrogato dell’effettivo esercizio della sovranità popolare nelle elezioni. A questo punto non è facile risalire la china. Possono aiutare anche soluzioni minimali come la riduzione delle scadenze elettorali per ritornare all’Election Day, o introdurre il voto elettronico che può coinvolgere le giovani generazioni dei nativi digitali. Più impegnativa è una riforma elettorale, magari basata su collegi uninominali, in cui l’elettore abbia la netta sensazione di poter scegliere il suo rappresentante. Ma alla fine siamo sicuri che i partiti abbiano davvero voglia di riportare al voto gli astensionisti?
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