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Se l'Antitrust si politicizza
Gli interventi americani all'International Competition Network
Alberto Pera 14/05/2025

Entrambi hanno rivendicato la loro appartenenza politica e il conseguente allineamento della loro azione agli obiettivi politici del Presidente Trump. Significativa l’affermazione di Ferguson che l’antitrust è in primo luogo finalizzato al benessere dei lavoratori: chiara indicazione dell’orientamento settoriale dell’intervento a favore delle imprese degli Stati che rappresentano la constituency del Presidente. Non meno significativa la critica radicale dell’impostazione regolatoria europea, specie nel settore digitale: l’antitrust dovrebbe essere l’unico strumento di intervento nei mercati, anche se la sua applicazione richiede normalmente tempi molto lunghi, incompatibili con la velocità dei cambiamenti nel settore: e infatti Gail Slater ha voluto fare il punto su casi digitali che stanno avviandosi ad una prima conclusione (seguiranno poi i ricorsi…) dopo almeno cinque anni dal loro inizio. Ma il punto centrale, specie per la FTC, un’agenzia per cui la legge prevede spiccate caratteristiche di indipendenza, è stata appunto la rivendicazione della appartenenza politica. Con toni che non si erano mai sentiti in tempi recenti. Questa rivendicazione “politica” è destinata ad avere conseguenze? Fortunatamente non in Europa, in cui l’indipendenza delle Autorità di Concorrenza è stabilita dalle norme UE: ma in altri paesi, come il Messico, l’indipendenza della cui Autorità ha addirittura rango costituzionale, vi sono stati interventi per consentire una maggiore influenza del governo. La Presidente dell’Autorità Messicana è stata eletta quest’anno alla Presidenza dell’ICN: forse un segno di solidarietà e di larvata protesta da parte dei suoi colleghi.
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