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Si fa presto a dire nucleare

I dubbi sul piano del governo (mentre manca il deposito delle scorie)

Claudio Di Donato 04/02/2025

Si fa presto a dire nucleare Si fa presto a dire nucleare Il governo Meloni punta con decisione al ritorno della produzione di energia nucleare in Italia per favorire la transizione green e raggiungere gli obiettivi sulla decarbonizzazione al 2050. I tempi cambiano e la tecnologia avanza, ma gli italiani hanno detto no al nucleare con due referendum e gli ultimi nove governi hanno evitato di decidere dove realizzare il centro di smaltimento delle scorie. Il Pniec 2024 (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) prevede una produzione di energia nucleare di 8 GW al 2050 ma un approccio responsabile dovrebbe indicare quanti reattori installare e soprattutto dove. La domanda tuttavia è se l’energia nucleare risponda in modo efficace alle criticità del sistema energetico italiano in termini di mix, costi, sicurezza di approvvigionamento, riduzione delle emissioni. Qualche riserva è più che giustificata, almeno in riferimento ai piccoli reattori di terza generazione che funzionano per fissione. Discorso diverso invece per la tecnologia dei reattori a fusione (operatività intorno al 2050) che di fatto è energia rinnovabile e inesauribile ma ad oggi per innescare il processo serve una quantità di energia superiore a quella che viene prodotta.
 
Per gli Small Modular Reactor si calcola che i costi di produzione di energia ammontano a 170 dollari per MWh contro i 50 dollari delle rinnovabili. Altro limite è l’incapacità dei reattori nucleari di modificare rapidamente la produzione in base al fabbisogno, al netto della produzione delle rinnovabili non programmabili. I reattori quindi possono essere funzionali a esigenze locali determinate da nuovi utilizzatori energivori come i data center, ma in termini di sicurezza della fornitura è senza dubbio più efficace investire nei sistemi di accumulo. Non va trascurato infine che i reattori necessitano di uranio che l’Europa importa per il 99% del fabbisogno e circa la metà arriva da Russia, Kazakistan e Uzbekistan. Lo zar di Mosca avrebbe di nuovo una straordinaria arma di ricatto verso l’Europa. Nel medio termine quindi i reattori di terza e quarta generazione non sembrano offrire risposte efficaci alle esigenze di famiglie e imprese, che continuano a pagare l’energia molto di più rispetto al resto d’Europa.
 
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