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Il conflitto permanente tra governo e giudici
Luciano Panzani 03/02/2025

Di fronte alla violenza dello scontro, sul quale il Presidente Mattarella ha sinora evitato di pronunciarsi, si può sottolineare che si contrappongono due visioni. Quella del Governo che intende ridimensionare il peso dei giudici azzerando le correnti e ridimensionando i PM e arginare il flusso dei migranti, in un momento in cui la posizione dell’Italia e dell’Europa in generale richiede scelte nette. Quella dei magistrati, appoggiati almeno sino ad un certo punto dalle opposizioni, che invocano il ruolo di tutela dei diritti e la difesa dello stato di diritto contro i presunti arbitri dell’esecutivo. Da questo punto di vista il caso Almasri è particolarmente indicativo. Qualunque Governo avrebbe evitato di intrappolarsi con l’arresto del generale libico in un quadro di ritorsioni che ci avrebbero esposto ad un incremento massiccio dei migranti. Un tema cui anche un governo di centro sinistra Gentiloni, con Minniti ministro dell’Interno, si mostrò sensibile. Ciò mentre l’autorità ed il prestigio della Corte penale internazionale (Cpi) sono minati dall’impossibilità pratica di procedere contro Putin, Netanyahu, ed altri personaggi eccellenti e dall’aperta ostilità delle grandi Potenze, Usa in testa. Al contempo, la mancata esecuzione del mandato di arresto della Cpi può integrare gli estremi di reato, in base ad una legge improvvida che richiede per l’esecuzione del provvedimento la richiesta del Ministro di Giustizia. Meloni ha scelto di alzare i toni ed inasprire il conflitto. E’ una strada forse obbligata per evitare che l’azione di governo rimanga impantanata in una resistenza sorda, che ha dalla sua la difesa di valori fondamentali. Di qui la domanda se vi sono possibilità di mediazione e di iniziative che, comunque, abbassino i toni e raffreddino le tensioni. Non siamo ottimisti, ma ogni sforzo in questa direzione va coltivato.
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