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La mina vagante Santanchè

Con là premier Meloni che non vuole il rimpasto

Giancarlo Santalmassi 28/01/2025

La mina vagante Santanchè  La mina vagante Santanchè Giorgia Meloni appare sul ponte di comando di una corazzata (basta pensare alla marea di voti che ha preso) che guida con una prudenza uguale a quella che userebbe se attraversasse un tratto di mare disseminato di mine. Beccarne una significherebbe per lei dover fare una cosa cui si sta dimostrando estremamente aliena: per esempio un rimpasto. Il governo Meloni, insomma, appare come un castello di carte dove a toccarne una si rischia di farlo cadere. Da un primo inciampo si è salvata anche se non per merito suo: alludo a Salvini che è stato assolto nel caso Open Arms evitando così una condanna a sei anni per respingimento di profughi. La condanna avrebbe costituito un bel problema. Un altro caso è quello del ministro Lollobrigida che ha fatto fermare un Frecciarossa a Ciampino, cinque minuti da Roma Termini per raggiungere in auto Caivano, in Campania. In qualunque altro paese del mondo e un ministro così si sarebbe dimesso.
 
Diverso invece il caso del ministro del turismo Daniela Santanchè Perché ci sono di mezzo accuse pesantissime. Eccone qualcuna: uso in modo illecito della cosiddetta cassa Covid; fondi a disposizione per consentire alle imprese di non far lavorare i dipendenti causa Covid (la Santanchè che è una editrice col suo gruppo Visibilia pubblica due riviste molto popolari come Visto e Novella 2000). Poco dopo la sua nomina a ministro, la procura di Milano presentò un’istanza di fallimento anche su input di alcuni soci di minoranza che ne avevano già denunciato irregolarità nella gestione della società. L’accusa è di falso in bilancio avendo Visibilia fornito notizie false o incomplete sui conti. Lei sostiene invece di aver sempre informato i soci delle perdite. Insomma, faceva lavorare dipendenti per i quali percepiva lei la cassa integrazione. A fine dicembre Santanchè ha ceduto tutte le sue quote di Visibilia. Un’altra indagine riguarda il fallimento della Ki group che controllava varie aziende di prodotti bio. Adesso, dopo il rinvio a giudizio, la Santanchè non si dimette e la gatta (o pitonessa, come la definiscono) resta lì da pelare. Che farà Giorgia Meloni? Quel rimpasto che odia? Con un’aggravante: il gran protettore della Santanchè è la seconda carica dello stato: il presidente del Senato Ignazio Benito La Russa.
 
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