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Dossieraggi, la destra protegge Pazzali
Le reazioni di La Russa e del presidente lombardo Fontana
L'Irriverente 29/10/2024
Enrico Pazzali
Non ci si crede: il centrodestra lombardo protegge Enrico Pazzali, il manager vicino alla destra al centro della colossale ragnatela di dossieraggi milanesi, che ieri si è solo "autosospeso" (e non dimesso) dalla presidenza della Fondazione Fiera e di cui la procura ha reiterato la richiesta di arresti domiciliari (per ora è solo indagato). Il presidente del Senato La Russa, spiato insieme ai figli Geronimo e Leonardo, si dice disgustato, ma sospetta che Pazzali sia stato "costretto" a spiarlo: "Voglio sapere - ha detto La Russa - a chi Pazzali non ha potuto dire di no" (forse a Biden, a Putin, al Papa o direttamente al Padreterno?). E il presidente lombardo Attilio Fontana, che ha nominato Pazzali alla Fiera e sarebbe stato agevolato dal dossieraggio sulla Moratti ha detto, rimanendo serio: "Ho sempre stimato Pazzali e continuo a stimarlo" (e magari lo promuoverà vicepresidente della Regione).
C'è da capirli, La Russa e Fontana: se scaricassero Pazzali dovrebbero ammettere di essersi allevati una serpe in seno. Che magari potrebbe rivoltarsi contro di loro e morderli rivelando chissacché sul loro conto. E poi dovrebbero ammettere che il centrodestra, a Milano come a Roma, sta diventando un campo di battaglia senza esclusione di colpi bassi, come nel caso Sangiuliano, obbligato all'autodafé pubblico al Tg1 e poi alle dimissioni; o nel caso Giuli, che ha dovuto ingoiare le dimissioni del suo capo di gabinetto Spano definito "pederasta vicino al Pd" da un esponente romano di Fdi che sostiene di aver dato voce a un vasto "disagio" della base. Fratelli forse, ma di sicuro coltelli.
C'è da capirli, La Russa e Fontana: se scaricassero Pazzali dovrebbero ammettere di essersi allevati una serpe in seno. Che magari potrebbe rivoltarsi contro di loro e morderli rivelando chissacché sul loro conto. E poi dovrebbero ammettere che il centrodestra, a Milano come a Roma, sta diventando un campo di battaglia senza esclusione di colpi bassi, come nel caso Sangiuliano, obbligato all'autodafé pubblico al Tg1 e poi alle dimissioni; o nel caso Giuli, che ha dovuto ingoiare le dimissioni del suo capo di gabinetto Spano definito "pederasta vicino al Pd" da un esponente romano di Fdi che sostiene di aver dato voce a un vasto "disagio" della base. Fratelli forse, ma di sicuro coltelli.
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