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Il ddl sicurezza e il divieto di blocchi stradali

Introdotto il reato di ostruzione con il solo corpo. Sindacati in allarme

Luciano Panzani 27/09/2024

Il ddl sicurezza e il divieto di blocchi stradali Il ddl sicurezza e il divieto di blocchi stradali E’ impossibile soffermarsi su tutti gli inasprimenti della disciplina penale introdotti dal nuovo ddl Sicurezza, approvato dalla Camera e in attesa di esame del Senato. L’art. 10 prevede, ad esempio, il nuovo reato di «occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui», con una pena che va dai 2 ai 7 anni di reclusione, cioè in sostanza l’occupazione di una casa, che in realtà era già sanzionata da tre articoli del codice penale (633, 633-bis e 634) con pena da 1 a 3 anni di reclusione. L’art. 633 bis era stato introdotto nel novembre 2022, col cosiddetto “decreto rave”, punendo con la reclusione da 3 a 6 anni chiunque «organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui». L’art. 14 invece introduce il reato di blocco stradale, trasformando da illecito amministrativo a illecito penale la condotta di chi interrompe il regolare traffico stradale o ferroviario col proprio corpo. La norma ha sollevato proteste da parte dei Sindacati, che temono, e non sono gli unici, limitazioni al diritto costituzionalmente garantito di manifestare. La sanzione penale del blocco stradale non è una novità, risale al 1948 con il Ministro Scelba. Allora si puniva chi ostacola strade ordinarie e ferrate apponendo dei blocchi, ma non si prevedeva di punire (nemmeno in via amministrativa) chi bloccava le strade soltanto con il proprio corpo. Bisogna dire che allora non c’era bisogno d’altro, perché la polizia dell’epoca era tristemente famosa per le dure cariche contro i manifestanti, che venivano sanzionati penalmente in caso di resistenza o atti di violenza contro la polizia.  Vi fu una lunga serie di amnistie per studenti e lavoratori condannati per blocco stradale finché nel 1999 si arrivò alla depenalizzazione.  Ora il Ddl Sicurezza introduce, per la prima volta, la sanzione penale, sia pur lieve, per chi blocca col solo corpo una strada ordinaria. La pena, tuttavia, è della reclusione da sei mesi a due anni se il fatto è commesso da più persone riunite, praticamente sempre.
 
Con la depenalizzazione del 1999 si era ritenuto che la repressione penale del blocco stradale fosse un’esigenza recessiva di fronte agli altri valori costituzionalmente garantiti, anche perché altri reati (ad esempio di resistenza nei confronti del pubblico ufficiale, di lesioni e percosse) rappresentavano garanzia sufficiente. Ora si torna all’antico, con pene peraltro, quelle ora introdotte per i blocchi semplici (cui non si accompagna l’ostruzione con la creazione di sbarramenti), che consentono il patteggiamento, l’affidamento ai servizi sociali, ecc. La repressione dei blocchi stradali veri e propri non è, a nostro avviso, ingiustificata, a fronte di situazioni che possono incidere sensibilmente su diritti fondamentali. L’odierno inasprimento comporta però il rischio che vengano penalizzate condotte che non recano pregiudizio a tali valori e che sono sostanzialmente pacifiche (si pensi ad una manifestazione di studenti davanti ad una scuola che blocca di fatto la via di accesso al palazzo), anche se sarà la giurisprudenza, come già altre volte è avvenuto, ad evitare gli eccessi sanzionatori.
 
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