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Il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare
Il governo ha varato il decreto suscitando le proteste di stampa e magistrati
Luciano Panzani 06/09/2024
Il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare
Mercoledì il CdM ha approvato lo schema di decreto legislativo che vieta la pubblicazione testuale delle ordinanze di custodia cautelare, in attuazione di un emendamento del deputato di Azione Enrico Costa nella legge di delegazione europea per il 2024. Viene modificato l’art. 114 del codice di procedura penale sul divieto di pubblicazione di atti ed immagini, cancellando l’eccezione introdotta nel 2017 che escludeva l’ordinanza di custodia cautelare dagli atti di cui era vietata la pubblicazione fino alla fine delle indagini preliminari. Resta invece consentito pubblicare il contenuto dell’atto, cioè una libera parafrasi da parte del giornalista. Ora il decreto legislativo dovrà andare alle Commissioni per il loro parere, e tornare entro 60 giorni al Governo per la deliberazione definitiva. La norma ha incontrato l’opposizione della stampa e dell’Anm. Essa attua la Direttiva europea del 2016 che rafforza la presunzione di innocenza dell’imputato evitando che venga rappresentato come colpevole, pubblicando un atto del processo, prima che il processo stesso venga celebrato. A differenza dell’art. 27 della nostra Costituzione, la Direttiva si preoccupa non soltanto che l’imputato venga considerato innocente fino alla condanna definitiva, ma vuole evitare che possa esser presentato all’opinione pubblica come colpevole. La pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare, che necessariamente sottolinea gli indizi di colpevolezza a suo carico, finirebbe con il ledere in modo irreparabile la figura dell’imputato prima del processo. Non è possibile, si dice, sottovalutare il ruolo svolto dalla notizia come sanzione atipica. E va detto che la misura viene adottata nella maggior parte dei casi prima del contraddittorio con l’imputato e quindi prima che questi possa difendersi.
Il contrasto tra presunzione d’innocenza e diritto all’informazione è da sempre un tema caldo. Si osserva da parte del Fatto Quotidiano che senza la pubblicazione del provvedimento di custodia cautelare, nel caso Toti non saremmo venuti a conoscenza delle intercettazioni, che davano un quadro certamente non positivo dei suoi rapporti con alcuni imprenditori. L’argomento prova troppo. Già si è detto che l’ordinanza di custodia cautelare fornisce informazioni influenzate dall’ottica accusatoria. Il rimedio potrebbe essere peggiore del male. Al giornalista è consentito parafrasare la notizia, senza riprodurre integralmente il provvedimento del giudice, facendo lecitamente leva sugli elementi che possono avere la maggiore eco mediatica. La legge di delegazione europea è già legge dello Stato. Il decreto legislativo ora adottato costituisce attuazione di principi già approvati dal Parlamento. Non resta che vedere quale sarà il risultato ed eventualmente intervenire nuovamente. L’unico rimedio al rischio di linciaggi mediatici è vincere la battaglia per la rapida celebrazione dei processi. Non pare tuttavia che in proposito, nonostante gli investimenti del PNRR, si siano fatti molti passi in avanti.
Il contrasto tra presunzione d’innocenza e diritto all’informazione è da sempre un tema caldo. Si osserva da parte del Fatto Quotidiano che senza la pubblicazione del provvedimento di custodia cautelare, nel caso Toti non saremmo venuti a conoscenza delle intercettazioni, che davano un quadro certamente non positivo dei suoi rapporti con alcuni imprenditori. L’argomento prova troppo. Già si è detto che l’ordinanza di custodia cautelare fornisce informazioni influenzate dall’ottica accusatoria. Il rimedio potrebbe essere peggiore del male. Al giornalista è consentito parafrasare la notizia, senza riprodurre integralmente il provvedimento del giudice, facendo lecitamente leva sugli elementi che possono avere la maggiore eco mediatica. La legge di delegazione europea è già legge dello Stato. Il decreto legislativo ora adottato costituisce attuazione di principi già approvati dal Parlamento. Non resta che vedere quale sarà il risultato ed eventualmente intervenire nuovamente. L’unico rimedio al rischio di linciaggi mediatici è vincere la battaglia per la rapida celebrazione dei processi. Non pare tuttavia che in proposito, nonostante gli investimenti del PNRR, si siano fatti molti passi in avanti.
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