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Siccità, alluvioni e occasioni perdute

Perché non abbiamo una grande società idrica nazionale

L'Irriverente 01/08/2024

L'invaso di Piana degli Albanesi, in Sicilia L'invaso di Piana degli Albanesi, in Sicilia Non sappiamo se la presenza di una grande azienda nazionale di gestione dell'acqua, invece dei quasi 2400 gestori attuali, avrebbe potuto alleviare le traversie che stiamo affrontando: alluvioni al nord con fiumi che esondano a ogni piè sospinto e siccità al Sud con acquedotti colabrodo, mancanza di invasi e dissalatori, dighe perennemente in costruzione e fondi pubblici inutilizzati. Probabilmente un grande gestore idrico nazionale in grado di realizzare ingenti investimenti in reti idriche efficienti, dighe e invasi per l'agricoltura e contro le esondazioni e dissalatori per le emergenze avrebbe potuto mitigare le attuali difficoltà. E il bello è che ci avevamo anche provato.
 
Negli anni Novanta l'Enel di Franco Tatò, obbligato a cedere una parte delle centrali elettriche per liberalizzare il settore secondo le leggi Bersani, aveva deciso di investire parte degli ingenti ricavi delle cessioni nella creazione di una grande azienda idrica nazionale sull'esempio della Francia, dove Veolia fattura 43 miliardi. Come si ricorderà, Tatò cominciò trattando l'acquisto dell'Acquedotto Pugliese, uno dei maggiori gestori idrici nazionali di allora, di proprietà della Regione. Ma il centrodestra si mise di traverso e alla fine Tatò rinunciò al progetto. Uno dei maggiori antagonisti fu l'allora presidente della Puglia, che con lo slogan "No allo scippo dell'acqua pugliese" contrastò con veemenza il progetto dell'Enel. Chi era costui? Era Raffaele Fitto, che secondo la maggioranza sarebbe il miglior candidato italiano alla Commissione europea. Figuriamoci gli altri.
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