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Il campo largo alla sfida referendum

Per consolidare il “campo largo” in vista delle politiche del 2027

Paolo Mazzanti 09/07/2024

Il campo largo alla sfida referendum  Il campo largo alla sfida referendum Esaltati dalla vittoria delle sinistre in Gran Bretagna e Francia, i partiti del nostro “campo largo” in perenne formazione cercano di dare l’assalto al Palazzo d’Inverno della destra. E’ vero, come dicono i politici e i giornalisti di destra, che alle elezioni politiche mancano tre anni e tre mesi, quindi campa cavallo. Ma in questi 39 mesi si terranno diverse elezioni regionali e comunali: Umbria in autunno, Veneto, Campania, Puglia e Venezia nel 2025. E poi ci sono i referendum. La settimana scorsa 34 tra partiti (Pd,M5S,Avs e Italia Viva), sindacati (Cgil e Uil) e associazioni hanno presentato i quesiti per il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata appena approvata. Poi ci sono i referendum abrogativi del Jobs Act per cui la Cgil ha raccolto già 900 mila firme. E appena verranno approvate le riforme costituzionali del premierato elettivo e della separazione delle carriere dei magistrati, ancora in discussione in Parlamento, scatteranno le richieste di referendum costituzionali confermativi. Questa stagione referendaria dovrebbe preparare l’alternativa al governo di destra.
 
Ma alcuni grilli parlanti mettono in guardia. Secondo Prodi anziché sui referendum, i partiti del “campo largo” dovrebbero concentrarsi sul programma, coinvolgendo i cittadini, per trovare una sintesi che tenga insieme investimenti sociali (sanità e istruzione), rilancio dello sviluppo, riduzione del debito e riduzione delle tasse per rassicurare gli elettori moderati senza i quali non si vince. E il solito guastafeste Calenda ammonisce a non confidare troppo nei referendum abrogativi che hanno il quorum al 50% ( mentre quelli costituzionali confermativi non hanno quorum). Di questi tempi, portare alle urne il 50% degli elettori per abrogare una legge non è affatto facile: Calenda ha calcolato che le opposizioni dovrebbero mobilitare ben 13 milioni di elettori in più di quelli che le hanno votate alle europee. Un’impresa improba. E far fallire il referendum sull’autonomia differenziata per carenza di quorum sarebbe un bell’assist per la maggioranza di destra.
 
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