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Detenuti tossicodipendenti in comunità?

Ma i percorsi di disintossicazione richiedono la volontà del soggetto

Luciano Panzani 16/03/2023

Detenuti  tossicodipendenti in comunità? Detenuti tossicodipendenti in comunità? Il sottosegretario alla Giustizia Delmastro ha proposto, stando alle cronache giornalistiche e alla risposta del Sindacato di Polizia Penitenziaria per bocca del segretario generale Aldo Di Giacomo, di togliere dalle carceri i “tossicomani” (come li chiama lui) per affidarli a non meglio precisate “comunità”. La proposta parte da un dato di fatto (i dati sono di DiGiacomo): 15mila detenuti “tossicodipendenti” in carcere, dove tra l’altro sarebbero “strumenti” di ulteriore spaccio e verrebbero strumentalizzati da boss e criminali che li utilizzerebbero per gli “affari sporchi” come le mini-rivolte e le aggressioni agli agenti. Oltre al rischio suicidio molto alto: il 25-30% dei suicidi tossicodipendenti tra gli 84 decessi del 2022. Non sappiamo se i dati siano esatti, ma certamente il fenomeno della tossicodipendenza in carcere e del purtroppo elevato numero di suicidi, indegno di un Paese civile, esiste ed è impressionante. Per altro verso va sottolineato che poiché la detenzione di droga per uso personale non porta in carcere, chi ci va è già certamente uno spacciatore o ha commesso reati non bagatellari. E d’altra parte la cura della tossicodipendenza, come tutti i trattamenti sanitari, richiede il consenso dell’interessato. Le comunità di recupero, da sempre, si fondano sulla premessa che chi ci entra lo fa volontariamente, perché senza l’impegno Personale non si costruisce nulla.
 
E’ sufficiente accedere al sito di San Patrignano per scoprire che si suggerisce di prendere contatto tramite le Associazioni di volontariato precisando che “il loro ruolo è catalizzare le richieste di aiuto, supportare i ragazzi nella loro volontà di cambiare, aiutarli a disintossicarsi e suggerire alle famiglie il modo migliore per stare loro vicino. Le associazioni operano anche all’interno dei penitenziari dando l’opportunità alle persone detenute per reati connessi alla tossicodipendenza di accedere a misure alternative”. Occorre quindi che ci sia la volontà di entrare in Comunità. Vi può essere aiuto dall’esterno, anche per chi sta in carcere, ma non si può obbligare nessuno, perché un sistema necessariamente rigoroso, necessariamente impegnativo, richiede il consenso e l’impegno dell’interessato. Si può arrivare a San Patrignano attraverso i Servizi Territoriali, i SERT. Anche qui “una volta accertata la reale determinazione della persona, vengono organizzati uno o più colloqui con gli operatori dell’ufficio accoglienza, che illustrano i metodi, i principi e il programma di recupero”. Chiunque si occupi di carcere, anche superficialmente, sa che il lavoro e’ una necessità, ma anche un privilegio, perché non è facile organizzarlo. Sa anche che le carceri sono sovraffollate, anche perché non si costruiscono carceri da anni e quelle che ci sono non consentono la differenziazione dei detenuti e trattamenti finalizzati per far si’ che la pena, come dice la Costituzione, tenda alla rieducazione. C’è moltissimo da fare. La rieducazione forzata, tuttavia, è bene che la lasciamo ad altri Paesi ed altri sistemi, che nulla hanno a che fare con la democrazia. 
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