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Il Pd e il richiamo della foresta

Nel nuovo Manifesto dei valori meno liberalismo e più statalismo

Paolo Mazzanti 25/01/2023

Il Pd e il richiamo della foresta   Il Pd e il richiamo della foresta Capitalismo e Nato: sono i due punti chiave su cui si sta sviluppando il dibattito congressuale di un Pd in cerca di rilancio, che sta rimettendo in discussione addirittura la “Carta dei valori” di Veltroni che 15 anni fa ne accompagnò la nascita,  e sabato scorso ha varato un nuovo Manifesto, che non sostituisce ma si affianca (per ora) a quello veltroniano, ma prende le distanze dal liberalismo e rivaluta il “ruolo strategico” dell’intervento pubblico nell’economia. Va ricordato che il Pd nacque dalla fusione fra la tradizione comunista del Pds e quella della Dc di sinistra, su una linea riformista che non negava il capitalismo e le alleanze occidentali, ma si proponeva di farle evolvere in senso più democratico e partecipativo, difendendo la Costituzione contro il populismo antiistituzionale di Berlusconi (che attaccava Corte costituzionale e Magistratura) e quello secessionista della Lega Nord. Era il senso della “vocazione maggioritaria” di Veltroni: parlare a tutto il Paese per migliorare il sistema, non sovvertirlo. La segreteria Renzi accelerò il processo riformista, fino alla proposta di revisione costituzionale che provocò la scissione da sinistra di D’Alema, Bersani e Speranza, che oggi sono rientrati. Gli eredi del vecchio Pci si ribellarono all’idea di un riformismo guidato da un ex dc. Da ultimo, la segreteria Letta (altro ex dc) ha schierato risolutamente il Pd con Nato e Ucraina. E oggi l’ex ministro Orlando, esponente della sinistra ex comunista, accusa che dopo il Lingotto si cercò di “rimuovere“ dal Pd la cultura socialista.
 
Il congresso piddino riapre dunque quelle ferite: la critica di Orlando all’”ordoliberismo” (la versione renana e più solidale del capitalismo) e le posizioni di alcuni piddini in Europa e in Italia contrari all’invio di armi all’Ucraina, dunque alla Nato, sono un “richiamo della foresta” che rischia di cancellare del tutto l’impostazione riformista veltroniana per far risorgere un’impostazione “anti-sistema” che potrebbe avvicinare il Pd alla linea estremista del francese Melenchon: un neo marxismo con una spolverata di ambientalismo e radicalismo Lgbt. Su questa strada, incarnata dalla candidata alla segreteria Elly Schlein, il “nuovo” Pd potrebbe incontrare il M5S di Conte. E Bonaccini? Sta a lui decidere, e farci sapere, se vuole essere l’erede di D’Alema-Bersani o di Letta-Renzi.
 
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