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La guerra alle Università americane

…una vendetta trumpiana contro le élite?

Giuseppe Roma 18/04/2025

La guerra alle Università americane La guerra alle Università americane Più di trent’anni fa il sociologo Cristopher Lasch, con il suo libro La rivolta delle elites, denunciò il possibile insorgere dei populismi come reazione al distacco dall’impegno sociale delle classi dirigenti americane, proiettate verso una dimensione cosmopolita. Un’analisi che può tornare utile per comprendere l’attacco alle grandi università, centri d’eccellenza per la formazione della high society. Infatti, solo il 3% delle élite americane è privo di un titolo di studio universitario (in Italia si sale al 12%) mentre ben il 21% ha conseguito un Phd in una delle prestigiose università. I vertici economici italiani con dottorato,  invece, sono pari al 7%. Questi e altri interessanti dati sulle attuali classi dirigenti dell’economia di 16 Paesi sono contenute in World Elite Database, un’interessante ricerca che ha scandagliato le caratteristiche di circa quattromila fra imprenditori e manager operanti in grandi imprese (quotate e no), proprietari di rilevanti asset e vertici istituzionali con responsabilità nella regolazione del sistema produttivo. Dall’analisi emergono significative differenze dell’Italia rispetto agli altri paesi.
 
I proprietari di grandi patrimoni (i “ricchi” rentier) sono da noi il 9%, meno della Francia dove incidono per il 25% e dalla Germania con il 18% della classe dirigente economica. Al contrario, in Italia, imprenditori e manager di grandi aziende non quotate contano per il 44%, valore superiore a quella di Germania (23%) e Francia (10%). I vertici dell’economia italiana sono prevalentemente nati in grandi città: il 17% nell’area milanese e il 47% nelle altre città metropolitane. Solo il 9% proviene dall’estero, meno di quanto avviene in Francia dove rappresentano il 12%, nel Regno Unito pari al 25% e in Svizzera con il 36%. La ricerca, inoltre, pone in risalto   come i vari parametri si combinano in modo asimmetrico nei vari paesi. Ad esempio, la Norvegia è più aperta alla presenza di donne ai vertici dell'economia, ma non di stranieri. Le elite tedesche sono le più istruite ma non nelle grandi università internazionali. In Cina ci sono molti giovani, ma pochissime donne. Gli Stati Uniti, infine, vedono alla guida dell’economia nelle varie posizioni dirigenziali, proprietarie o regolatorie un establishment particolarmente anziano e ad alta istruzione. E’ forse il modello che intende scalzare il neo-populismo trumpiano, colpendo anche i più prestigiosi centri di formazione delle élite. In fin dei conti l’uomo, più ricco del mondo, Musk, pare abbia resistito a Standford per soli due giorni.
 
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