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La geopolitica di Trump alla prova della realtà

Il neo Presidente ha promesso di risolvere in 24 ore il conflitto russo-ucraino

Rocco Cangelosi 07/11/2024

La geopolitica di Trump alla prova della realtà La geopolitica di Trump alla prova della realtà La vittoria di Trump è inequivocabile e senza discussioni sia per il numero di grandi elettori conquistati in tutti i “swing States”, sia per il sostegno popolare ricevuto che si è tradotto in dodici milioni di voti in più rispetto a quelli ottenuti da Kamala Harris. Si prospetta quindi una Presidenza con "pieni poteri" almeno fino alle elezioni di midterm del 2026, con il Senato dalla sua parte e probabilmente anche la Camera, senza dimenticare la Corte Suprema già sufficientemente trumpizzata durante il suo primo mandato. In questa situazione il neo presidente non dovrebbe avere ostacoli o scuse per non dare attuazione al suo programma. Ma dovrà fare i conti con la realtà. Cominciamo con l'economia: America first. Quindi riequilibrio della bilancia commerciale con alti dazi a protezione dei prodotti americani nei confronti di Cina ed Europa. (in particolare Germania e Italia che hanno un surplus di 200 miliardi di dollari nell'export). Ma l'applicazione dei dazi dovrà essere necessariamente selettiva e non potrà toccare le produzioni che sono essenziali per l'economia americana, ad esempio i settori ad alto valore tecnologico come i semiconduttori, senza considerare gli effetti che dazi alti possono provocare sulla dinamica dei prezzi e quindi sull'inflazione. Trump agirà pragmaticamente e per quanto riguarda gli europei adotterà la tattica del "divide et impera” per svuotare il potere negoziale dell'Unione europea. Il programma annunciato della deportazione di massa degli immigrati e dovrà fare i conti con la disponibilità dei Paesi di provenienza alla riammissione, nonché con le inevitabili ripercussioni sul mercato del lavoro che potrebbe risentire della mancanza di manodopera a basso costo. 
 
Ma la discontinuità della politica trumpiana andrà misurata alla luce delle scelte in politica estera. Da più parti si sostiene che Trump metterà fine ai due conflitti in corso. Ma come? Per quanto riguarda l'Ucraina, un affievolimento dell'impegno militare americano e quindi della Nato porrà Zelensky nella ineluttabile condizione' di accettare un cessate il fuoco sulla base della situazione sul terreno, in cambio, nella migliore delle ipotesi di una garanzia di sicurezza collettiva all'Ucraina simile all'art 5 della Nato, ma senza una piena adesione di Kiev all'Alleanza. In Medioriente la situazione si presenta più complessa per giungere a una fine del conflitto in corso. Netanyahu ritiene di poter avere mano libera. Lo dimostra il siluramento del ministro della difesa Gallant, considerato una colomba, alla vigilia del voto. Trump non farà da freno ad eventuali ulteriori iniziative israeliane soprattutto contro l'Iran, ivi compresi possibili attacchi a siti nucleari e perfino petroliferi, nonostante i rischi di aumento dei costi sul mercato mondiale dell’energia.
 
Non aveva infatti detto durante la campagna elettorale che Netanyahu deve “terminare il lavoro”? Ma anche in questo caso la realtà potrebbe dare risposte diverse e condurre gli Usa a un coinvolgimento militare nello scacchiere mediorientale, cosa che Trump dice di non volere. Il neo Presidente cercherà di rivitalizzare gli accordi di Abramo, ma difficilmente ciò potrà avvenire senza dare una soluzione al problema palestinese, che non sia solo quella ipotizzata nel quadro del Grande Israele, dal fiume al mare. L'altro quadrante internazionale di attenzione sarà inevitabilmente quello dell'Estremo oriente e del Pacifico dove il confronto con la Cina continuerà sia sul versante economico che militare. L'approccio di Trump potrebbe essere pragmatico e ricercare un accordo con Xi Jinping di rispetto reciproco delle zone di influenza. Quanto a Taiwan, Trump seguirà senza molta convinzione la politica dello status quo, considerando irreversibile il processo che porterà l'isola nel medio-lungo termine sotto il controllo cinese. Rimane da vedere poi come Trump risolverà il suo rapporto conflittuale con la Nato, in merito al burden sharing più volte richiesto. Certo è che Trump considera che l'Europa deve provvedere alla sua difesa e deve prendersi carico dei relativi oneri. Ma anche in questo caso le decisioni di Trump troveranno un limite negli interessi dell'industria militare americana, che intende mantenete la propria egemonia sul mercato europeo.
 
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