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Olimpiadi, medaglie e algoritmi
Le classifiche dei Paesi piu' “sportivi”
Fabrizio Galimberti 02/08/2024
Olimpiadi, medaglie e algoritmi
“L’importante non è vincere ma partecipare”: la famosa affermazione è del Barone Pierre de Coubertin, co-fondatore del Comitato Olimpico Internazionale. Ma, smentendo queste nobili parole, atleti e nazioni vogliono soprattutto ‘vincere’, e ogni giorno, in occasione delle Olimpiadi, tutti guardano al medagliere e contano gli ori, gli argenti e i bronzi di ogni nazione. Ma questi affannati conteggi sono una buona indicazione della prodezza atletica di un Paese? Certo, bisognerebbe tener conto anche della popolazione per mettere in prospettiva questi risultati. Una grande popolazione fornisce un bacino di atleti e di talenti superiore a quello di un Paese con meno abitanti. Allora, bisognerebbe fare le classifiche sulla base di ‘medaglie per mille abitanti’?
Anche questo metodo, tuttavia, non è esente da problemi. Per esempio, non tutti sanno che, se applicassimo quel metodo alle ultime Olimpiadi (Tokyo 2020), la prima potenza sportiva del mondo sarebbe stata… San Marino (e subito dopo Bermuda e Granada!). Insomma, il numero crudo di medaglie favorisce i Paesi popolosi, mentre il numero di medaglie corretto per la popolazione favorisce i Paesi con relativamente pochi abitanti. Il problema, in questo caso sta nel fatto che, come sanno gli statistici, più un campione è piccolo, maggiore è la sua varianza. Ora, la scienza statistica è venuta in soccorso, con un sistema di rating che non avvantaggia né i Paesi grandi né i Paesi piccoli. Robert Duncan, un astrofisico dell’Università del Texas, e Andrew Parece, della Charles River Associates di Boston, hanno creato un algoritmo che ha riscosso molte approvazioni (lo studio – “Population-Adjusted National Rankings in the Olympics,” è stato pubblicato in “The Journal of Sports Analytics”). Tiene conto delle medaglie e del numero di abitanti, e classifica le nazioni prendendo a parametro la ‘improbabilità’ dei loro risultati se si dovesse partire dall’ipotesi che tutti i Paesi abbiano un’uguale propensione pro-capite a vincere medaglie. Ogni giorno, nel sito "OlympicNationalRankings" viene pubblicata questa classifica, che, al sesto giorno delle Olimpiadi parigine, vede l’Italia al quarto posto, davanti agli Usa (guardando ai numeri crudi, come ori saremmo all’ottavo e come numero di medaglie al quinto, a pari merito col Giappone). Vedremo alla fine…
Anche questo metodo, tuttavia, non è esente da problemi. Per esempio, non tutti sanno che, se applicassimo quel metodo alle ultime Olimpiadi (Tokyo 2020), la prima potenza sportiva del mondo sarebbe stata… San Marino (e subito dopo Bermuda e Granada!). Insomma, il numero crudo di medaglie favorisce i Paesi popolosi, mentre il numero di medaglie corretto per la popolazione favorisce i Paesi con relativamente pochi abitanti. Il problema, in questo caso sta nel fatto che, come sanno gli statistici, più un campione è piccolo, maggiore è la sua varianza. Ora, la scienza statistica è venuta in soccorso, con un sistema di rating che non avvantaggia né i Paesi grandi né i Paesi piccoli. Robert Duncan, un astrofisico dell’Università del Texas, e Andrew Parece, della Charles River Associates di Boston, hanno creato un algoritmo che ha riscosso molte approvazioni (lo studio – “Population-Adjusted National Rankings in the Olympics,” è stato pubblicato in “The Journal of Sports Analytics”). Tiene conto delle medaglie e del numero di abitanti, e classifica le nazioni prendendo a parametro la ‘improbabilità’ dei loro risultati se si dovesse partire dall’ipotesi che tutti i Paesi abbiano un’uguale propensione pro-capite a vincere medaglie. Ogni giorno, nel sito "OlympicNationalRankings" viene pubblicata questa classifica, che, al sesto giorno delle Olimpiadi parigine, vede l’Italia al quarto posto, davanti agli Usa (guardando ai numeri crudi, come ori saremmo all’ottavo e come numero di medaglie al quinto, a pari merito col Giappone). Vedremo alla fine…
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