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Riccardo Perissich 20/11/2023

Fin qui potremmo pensare che il fenomeno, eccessivamente semplicistico e improduttivo finché si vuole, riflette un comprensibile sentimento di popoli che hanno legittime rivendicazioni e comprensibili rancori. Si tratterebbe di reagire con risposte e politiche razionali, comprese quelle necessarie a risolvere la questione palestinese. Il paradosso è che questa visione del mondo è anch’essa un prodotto “occidentale”, a cominciare delle università americane, poi britanniche e francesi ma anche di altri paesi. È successo che una parte crescente del pensiero “progressista” occidentale che dai tempi dell’illuminismo era fondato sull’universalismo kantiano e sulla ricerca di uguaglianza, ha cambiato radicalmente registro. Il fenomeno è stato brillantemente descritto da Yascha Mounknel suo ultimo libro “The identity trap”. La soluzione di ogni problema di minoranza a qualsiasi titolo oppressa, ovviamente quelle ex coloniali ma anche culturali, LGTB, persino la questione femminile, è ormai predicata in termini di separazione, di arroccamento sulla propria identità. L’universalismo non diventa altro che una sapiente manipolazione degli oppressori, cioè i bianchi a cui è facile assimilare gli ebrei. L’occidente non è respinto per ciò che fa, ma per ciò che è, compresa la cultura, il capitalismo, la democrazia e persino a volte la scienza; tutto e “coloniale”. Assistiamo a grotteschi paradossi per cui persino nel mondo dello spettacolo i personaggi dovrebbero essere intrepretati solo da attori della stessa etnia, cultura o religione. È facile vedere cosa questa frattura possa significare per la tradizionale sinistra occidentale, che aveva fatto dell’uguaglianza la sua stella polare. Essa sembra paralizzata e vittima del noto riflesso per cui “non bisogna avere nemici a sinistra”, perché in fondo si tratta solo di “compagni che sbagliano”. Nel frattempo, a destra ci sono molti che di identità se ne intendono perché l’universalismo non è mai stato il loro piatto preferito. Si sviluppa così un altro e simmetrico movimento identitario, quello dei bianchi oppressi dal capitalismo cosmopolita (inevitabilmente anche ebraico) e minacciati di invasione dai nuovi barbari; invasione etnica, ma anche culturale, che sovverte i valori cristiani. In questo modo fra l’altro, il tradizionale antisemitismo antigiudaico si mescola con quello nuovo antisionista. Con la preoccupante prospettiva che alla destra piace vincere, quando alla sinistra basta testimoniare.
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