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La “doppia lealtà” dei commissari europei
Non sono una novità gli attacchi di Meloni, Salvini e Tajani a Gentiloni
Riccardo Perissich 08/09/2023

La verità è che lavorare a Bruxelles in una posizione di responsabilità, politica come membro della Commissione o amministrativa negli alti gradi dell’amministrazione è forse il mestiere più difficile del mondo. È inutile nasconderlo, ma comporta un costante esercizio di doppia lealtà fra i doveri europei e le radici nazionali. Se la persona dimentica i primi, sarà rapidamente emarginata, giudicata sostanzialmente inutile e non riuscirà a difendere nemmeno gli interessi del proprio paese. Se dimentica le seconde, non riuscirà a contribuire efficacemente a quella sintesi permanente fra obiettivi comuni e sensibilità nazionali che costituisce il pane quotidiano del lavoro delle istituzioni. Essere “italiano”, “francese” o qualsiasi altra cosa a Bruxelles non vuol dire dimenticare le radici, ma assumersi la responsabilità di definire gli interessi del proprio paese in una prospettiva di lungo termine, non condizionata dalle contingenze del momento. Non c’è niente da fare; la struttura dell’UE, giustamente definita da Jacques Delors Oggetto Politico Non Identificato (OPNI), continua a non essere pienamente compresa dai politici nazionali. Il centro di questa incomprensione è inevitabilmente la Commissione, spesso definita “tecnocrazia” con una malcelata condiscendenza che aumenta via via che cresce il suo ruolo politico. Disagio a cui nessuno si sottrae, ma che poi si scontra contro il fatto che della Commissione, come del cortisone, tutti alla fine hanno bisogno. Disagio che diventa ancora più difficile da gestire quando un governo, come attualmente quello italiano, vuole scaricare su Bruxelles i suoi problemi interni. Per tornare al caso attuale, l’Italia e l’Europa sono fortunate di avere a quel posto Paolo Gentiloni. Quando fu nominato, alcuni gli sconsigliarono di accettare un portafoglio che lo avrebbe inevitabilmente messo in difficoltà con le autorità italiane di qualsiasi colore. Decise di prendere la patata bollente. L’unica cosa che si può dire è che l’ha gestita con invidiabile calma e maestria, maneggiando le “due lealtà” come se non ponessero alcun problema. Chi fra un anno sarà nominato al suo posto, si presume dall’attuale governo, farà bene a prendere nota se non vuole passare cinque anni a cercare dove a Bruxelles fanno una buona carbonara in attesa di cadere nell’oblio.
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