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Europa delle Patrie e asse Italia-Polonia

Come Meloni può utilizzare il buon rapporto con Morawieski

Riccardo Perissich 28/02/2023

Europa delle Patrie e asse Italia-Polonia Europa delle Patrie e asse Italia-Polonia Nel suo passaggio a Varsavia sulla via di Kyiv, Giorgia Meloni ha potuto rinnovare la sua vecchia amicizia col Premier polacco Morawiecki. Oltre a parlare di cose serie e attuali come l’appoggio italiano all’Ucraina alla faccia di Berlusconi, non è mancata qualche battuta che ci riporta al passato. Il polacco ha parlato di “comuni valori cristiani, di attaccamento alla patria e di rifiuto di un’Europa centralista e federalista”. Più stringata, Meloni ha parlato di “Europa gigante politico e non burocratico”. Ci risiamo? Ce n’è abbastanza per invigorire l’idea dell’asse Roma-Varsavia opposto a quello Parigi-Berlino? Oppure l’eterna contrapposizione fra Europa federale e Europa delle Patrie? È tipico della dialettica politica inventarsi un avversario inesistente per valorizzare la propria posizione. La battuta di Morawiecki  è di questo tipo. La prospettiva di un’Europa federale appartiene al mondo dei sogni, forse auspicabili, ma comunque sogni. Nessuno la propone, nessuno la pratica. Ma se non ha senso parlare di Europa federale, allora ha ancora meno senso parlare di Europa delle Patrie. La realtà è quella di un gruppo di paesi che, convinti di avere valori e interessi comuni, discutono per vedere come mettere in comune pezzetti (mai la totalità) della propria sovranità. L’innovazione che rende l’UE diversa da tutte le altre forme di collaborazione internazionale, è che quando ci si mette d’accordo su un interesse comune, la gestione della conseguente condivisione del “pezzetto di sovranità” è affidato a istituzioni comuni. Per tutto il resto, gli Stati sono gelosissimi della sovranità (quasi tutta) che resta. La chiamano “sussidiarietà”. Quando Meloni la invoca, fa pensare al personaggio di Molière che scopre “di parlare in prosa”.
 
Il guaio è che molto spesso l’opinione fra ciò che si vorrebbe mettere in comune e ciò che si vuole conservare a livello nazionale, diverge. È la ragione delle interminabili discussioni e a volte della paralisi. Così l’Italia vorrebbe che la si lasciasse libera di gestire i balneari e ciò che resta di Alitalia, ma pensa che l’UE dovrebbe finanziare in comune la transizione energetica. In modo più critico e radicale, la Polonia vorrebbe essere lasciata libera di smantellare lo stato di diritto, ma vorrebbe anche un maggiore sforzo comune per aiutare l’Ucraina. La Germania vorrebbe rigoroso rispetto delle regole, ma anche che non le si chieda troppo di aiutare finanziariamente i paesi che hanno difficoltà a rispettare le regole. E così via. Persino il generale De Gaulle, padre dell’Europa delle Patrie, mentre tuonava contro la sovranazionalità, esigeva che la politica agricola fosse decisa a maggioranza e finanziata in comune. Raccontata così, dell’UE si possono apprezzare tutte le esasperanti difficoltà ma anche, alla luce dei risultati, gli straordinari successi. Poiché è dubbio che Meloni e Nordio si prefiggano l’obiettivo di smantellare lo stato di diritto in Italia, e che a Morawiecki interessi molto Alitalia, l’asse Roma-Varsavia non ha grandi prospettive. È invece viva e vegeta una cosa di cui in Italia non si parla: il “Gruppo di Weimar”, che comprende Francia, Germania e Polonia e che si è riunito nei giorni scorsi a Monaco. La vecchia amicizia con Morawiecki può invece tornare molto utile a Meloni se riesce a servirsene per convincere il suo amico ad accettare compromessi ragionevoli con l’UE sullo stato di diritto in Polonia. Molti gliene renderebbero merito a Bruxelles, Parigi e Berlino.
 
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