La trappola delle correlazioni

La trappola delle correlazioni Per gli analisti seri, da quelli dell’intelligence, a chi prepara strategie aziendali, il pericolo di credere alle correlazioni è una delle trappole più fatali. Il pericolo è particolarmente forte nell’analisi politica e soprattutto del fenomeno populista che caratterizza l’occidente da qualche anno. Prendiamo il recente passato. 2016: vittoria di Brexit e, pochi mesi dopo, di Trump. 2017: vittoria di Macron ma, pochi mesi dopo, buon successo di AfD in Germania. 2018: vittoria dei populisti in Italia ma, pochi mesi dopo, successo dei democratici nelle elezioni mid term in USsa. 2019: trionfo di Boris Johnson in Gran Bretagna. 2020: vittoria di Biden negli Usa. Per non parlare di episodi minori ma ugualmente contraddittori in Brasile, Argentina, Nuova Zelanda, Svezia, Polonia, Ungheria, Finlandia e Danimarca.
 
Sembrerebbe un normale registro degli avvenimenti se non fosse, a ogni tornata, per l’insopprimibile volontà dei media di presentarci ciò che è successo come il segno di un profondo Zeitgeist; oppure per chi preferisce riferimenti meno paludati, della rinascita di Hari Seldon, lo scienziato inventore della “psicostoria” al centro della celebre trilogia di Isaac Azimov. Come se raccontare i fatti e spiegare perché si sono verificati fosse un’attività degradante. Ora ci risiamo con la vittoria di Biden. Restiamo con i piedi per terra. La vittoria di Brexit non fu l’annuncio del trionfo dei populisti e la vittoria di Biden non ne annuncia l’irreversibile declino. Rallegriamoci come dobbiamo per la sconfitta di Trump, ma il nostro populismo si batte in Europa, non in America: ognuno a casa sua. Magari e con un po’ di umiltà, l’unico Zeitgeist che possiamo identificare è l’incertezza.   
 

TAG: europarussiacinapopulismobrexittrumpusa2020biden

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