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Criptovalute tra attività di investimento e strumento di pagamento - 1

Il salto di qualità potrebbe venire dall'acquisto da parte delle banche centrali

Andrea Battista 18/06/2025

Criptovalute tra attività di investimento e strumento di pagamento - 1 Criptovalute tra attività di investimento e strumento di pagamento - 1 Nelle recenti Considerazioni finali il Governatore della Banca d’Italia ha messo in luce i rischi sottesi all’evoluzione del mondo cripto, fenomeno complesso e non regolato, tendenzialmente ad oggi piuttosto opaco. Che vi siano rischi nuovi, complessi e non facili da valutare è del tutto naturale. Quale nuova attività umana non ce l’ha, nella finanza in particolare. Vi sono rischi micro di portafoglio per i singoli utilizzatori, ma anche rischi macro, quanti più sono gli intermediari tradizionali che si avvicinano a questo mondo e aumentano le dimensioni complessive del fenomeno. Il divieto assoluto di utilizzo, se da un lato è impossibile, dall’altro è del tutto indesiderabile, come la gran parte dei divieti all'innovazione. Il fatto che sia la Cina ad avere questa posizione la dice lunga e archivia l’opzione. In questa foresta di novità bisogna però distinguere i singoli alberi, per orientarsi, a cominciare dalla funzione di investimento o di strumento di pagamento degli asset digitali. In questo contributo faccio il punto sul primo aspetto, lasciando il tema dei pagamenti digitali a momenti successivi.
 
In ambito investimento il bitcoin – ormai archiviata ogni velleità di essere strumento di pagamento - si distingue in modo netto da tutti gli altri “cripto” asset. Viene, da qualche tempo, comprato in modiche quantità anche da intermediari tradizionali a fini di allocazione di portafoglio. La logica di fondo del bitcoin è piuttosto semplice. Ne esiste un quantitativo fisso massimo, se la domanda è nel tempo crescente il valore non può che crescere. Sul resto del mondo cripto difficile esprimersi in modo razionale. Tanto più breve la serie storia e opaca la logica di fondo degli asset - ad esempio l’algoritmo di emissione dei quantitativi - tanto maggiore è il rischio implicito: e lo scetticismo è d’obbligo.All’interno del mondo cripto asset sembra dunque emergere il bitcoin come netto vincitore. Certamente, il bitcoin non ha alcun attivo sottostante “a garanzia”, e questo ne aumenta il rischio, ma la storia finanziaria non è priva di attività di successo senza sottostanti, in primis proprio l’oro. È certo un fattore di rischio, ma non l’indicatore che tutto, prima o poi, finirà male. Pur volatile, l’andamento è complessivamente di successo, la storia è ora di 15 anni e non di pochi mesi. Il timing di acquisto resta sempre assai rilevante. Ma “i tulipani olandesi” non sono più il riferimento da citare. La svolta è avvenuta con l’emissione dei c.d. ETF in bitcoin, una sorta di fondi comuni quotati, che ha spostato il bitcoin verso il mondo del liquido e del negoziato, riducendone enormemente i rischi di credito ed operativi (il default degli Exchange di acquisto, l’hackeraggio dei portafogli, la perdita di password e così via). Certo, parte della logica del bitcoin – come l’assenza di intermediazione e il costo zero - viene edulcorata dal vestito finanziario tradizionale, ma si superano i temi di anonimato e opacità, perché lo strumento viene acquisito come ogni altro e in genere tramite un intermediario abilitato. In futuro, il salto di qualità potrebbe venire dall’acquisto delle banche centrali per fini di riserva strategica, in particolare da parte della FED, su cui si vedrà la posizione del successore del governatore Powell tra qualche tempo. Il bitcoin in questo caso sarebbe definitivamente “sdoganato” e, divenendo strutturalmente ancora più scarso, crescerebbe di valore. ETF e riserve delle banche centrali, dunque, sembrano le chiavi del consolidamento. Il successo sembrerebbe passare per l’alleanza tra vecchio e nuovo, per la cooperazione e non per il sovvertimento dell’ordine finanziario. In tal caso, nulla di sorprendente: la disruption scende spesso a patti con gli incumbent.
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