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Il risparmio degli italiani

Come ovviare alla scarsa propensione al rischio

Andrea Battista 16/06/2025

Il risparmio degli italiani  Il risparmio degli italiani Non è più così vero che siamo un popolo di grandi risparmiatori. La recentissima relazione annuale della Banca d’Italia ci dice che gli stock si mantengono bene – oltre 11 trilioni a fine 2024, compresi gli oltre 6 milioni di immobili -anche al netto dell’inflazione. Lo stock di attività finanziarie e reali è dunque ancora piuttosto significativo, nonostante tutto, anche in termini pro capite. Il flusso annuale si mantiene abbastanza stabile negli ultimi anni, con una propensione al risparmio nel tempo scesa all’ 8/9%, frutto certamente di redditi pro capite che faticano tutt’ora a crescere. In ogni caso lo stock è significativo e sarebbe fondamentale utilizzarlo “al meglio”. È ormai un luogo comune affermare che dovrebbe essere investito di più in azioni ed è ovviamente vero dal punto di vista macro. La domanda vera è quali siano le barriere che lo impediscono. Sono due i grandi ostacoli allocativi: la preferenza storica per gli immobili e la domanda di finanziamento del debito pubblico. Meno rilevante il tema fiscale a mio avviso, anche se è poco logico tassare i guadagni da titoli di stato al 12% e quelli da azioni al 26% (pur con qualche agevolazione). Spazio per un investimento maggiore in azioni vi sarebbe comunque peraltro. E allora?
 
Le scelte di portafoglio delle famiglie dipendono dalla limitata propensione al rischio, ossia da preferenze individuali “non discutibili”, che evolvono solo nel tempo. Qui sta lo snodo. Anche la demografia di impresa – come quella delle persone fisiche – mostra andamenti strutturali preoccupanti, frutto di bassa propensione al futuro e appetito per il rischio ridotto e decrescente, come ha recentemente messo in luce Nicola Rossi nello studio che analizza la crescita italiana dall’Unita’ d’Italia ai tempi recenti. Azzardo una tesi: è la stessa dinamica che si palesa nel limitato investimento azionario delle famiglie. In altri termini, non bastano né gli incentivi né gli obblighi. Può certamente aiutare questa evoluzione il ruolo educativo dell’industria del risparmio gestito, ma è solo la rinascita della voglia di mettersi in gioco, di riscattarsi e rischiare che potrà cambiare anche la propensione all’investimento azionario in modo strutturale e singificativo. Gli obblighi, come i vincoli di portafoglio sono scorciatoie, forse anche pericolose, perché a non irrilevante rischio di rigetto.
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