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Chi ha mai detto che il progetto europeo è per sua natura pacifista?
Riarmandosi, l'Unione europea fa solo il suo mestiere
Riccardo Perissich 12/03/2025

Una riflessione sul progetto di riarmo europeo presentato da Ursula von der Leyen. Fra le colossali panzane che circolano a questo proposito, ce n’è una che è urgente smontare. Tutti sanno che il progetto europeo è nato dalle tragedie della prima metà del Novecento con l’obiettivo prioritario di stabilire definitivamente la pace fra i popoli europei. Secondo una corrente di pensiero molto influente in Italia, questa sua vocazione si trasformerebbe però anche in una missione universale che assegna all’Europa il compito di diffondere nel mondo il multilateralismo nei rapporti economici e il pacifismo in quelli politici. La prova di questa vocazione pacifista dell’integrazione europea, sarebbe che nella costruzione esistente è assente una dimensione militare che rimane di competenza dei singoli stati. Non a caso, questa interpretazione è particolarmente diffusa in Italia, paese dove è popolare un’interpretazione della Costituzione per cui le forze armate hanno l’unica funzione di difendersi da un attacco e possono essere impiegate all’estero solo sotto l’egida ONU e certamente non in combattimento. Il problema di questa interpretazione del progetto europeo è che è falsa. È sicuramente vera la principale motivazione di por fine ai conflitti “fra europei” e in particolare fra i nemici storici Francia e Germania. Il resto invece è arbitrario. La visione dei padri fondatori e in particolare di Jean Monnet era di realizzare un’integrazione progressiva sulla base di progetti concreti ma con la prospettiva, certo volutamente imprecisa e non definita, di pervenire un giorno alla creazione di un soggetto politico dotato di una sua identità anche geopolitica. Nulla autorizza a pensare che questa identità sia stata pensata come geneticamente diversa da quella che anima gli altri grandi attori della scena internazionale. Molti dimenticano che il secondo grande tentativo di promuovere l’integrazione fu la Comunità Europea di Difesa (CED). Essa fallì per i noti motivi, ma la sua funzione era tutto tranne che pacifista. Il suo ruolo sarebbe stato infatti di rafforzare la capacità di risposta dell’occidente alla minaccia sovietica, e in questa prospettiva di permettere il riarmo della Germania in condizioni rassicuranti per gli altri paesi europei.
Fallita la CED, questi due obiettivi furono comunque soddisfatti attribuendo alla NATO il compito della difesa dell’Europa. Ciò consentì alle istituzioni europee di concentrarsi sull’economia in un contesto che tuttavia era tutt’altro che pacifico, perché dominato dalla guerra fredda.Poi ci fu la caduta del muro e il crollo dell’Urss con la conseguente illusione che fosse ormai possibile costruire un mondo pacifico e governato da regole e valori comuni. Alcuni lo interpretarono come il compimento del sogno europeo. Fu in realtà un’illusione che attraversò tutto il mondo occidentale e che del resto non durò a lungo. Gli europei furono infatti presto confrontati a scelte di carattere militare, indotte da iniziative dell’alleato americano; in particolare le due guerre del golfo. Tuttavia, la speranza di un nuovo odine mondiale e in particolare europeo sopravviveva; in particolare e sotto l’influenza di Angela Merkel, l’illusione che fosse possibile una convivenza pacifica con la Russia di Putin. Gli avvenimenti recenti hanno dissipato questa illusione e l’Ue si trova sulla soglia di dover compiere un nuovo passo decisivo sulla via dell’integrazione in un terreno che finora le era stato estraneo. Non si tratta però di un cambiamento di natura o, come alcuni pretendono, di una rinuncia una missione universalista che in realtà non è mai esistita. Si tratta solo, nella logica dell’integrazione fin qui seguita, di un nuovo necessario passo per risolvere i problemi esistenziali a cui ci dobbiamo confrontare. Riarmandosi di fronte alla minaccia russa, l’Ue fa semplicemente il suo mestiere.
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