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La politica economica del Terzo Reich non fece nessun miracolo

Alla vigilia della guerra l'economia tedesca era al tracollo

Giampaolo Galli 28/01/2025

La politica economica del Terzo Reich non fece nessun miracolo La politica economica del Terzo Reich non fece nessun miracolo Nella giornata della Memoria, in televisione e sui social, si sono viste molte ricostruzioni dei terribili eventi che ebbero luogo in Europa durante la guerra e anche negli anni in cui la guerra fu preparata. Ricostruzioni quanto mai utili in un momento in cui siamo costretti a riflettere sulle fragilità delle democrazie. E allora vale la pena di notare che spesso si dà quasi per scontato che Hitler risanò l’economia tedesca, trasmettendo l’idea che un’economia di guerra può fare miracoli. Ciò è falso. E’ vero che la politica del riarmo a tappe forzate dal 1933 in poi portò a un boom della crescita e consentì di azzerare, già nel ’36, la disoccupazione che nei primi anni ‘30 era stata la drammatica eredità della grande crisi. Ed è anche vero che, grazie alla creatività del Ministro dell’Economia, Hjalmar Schacht, fu evitata l’inflazione, attraverso controlli ferrei dei capitali, delle banche, e soprattutto dei salari e dei prezzi. Per un po’ funzionò anche perché le pene erano draconiane: pena capitale per chi eludeva i controlli via il mercato nero.  Però i salari rimasero al livello della grande depressione e il deficit pubblico diventò presto insostenibile, perché fra il 1933 e il 1938 la spesa pubblica, quasi tutta per il riarmo, passò dal 14% al 31% del Pil. Le emissioni di titoli andarono deserte e le riserve in oro e valuta non furono più sufficienti per importare le materie prime necessarie all’industria bellica e anche i generi di prima necessità per la popolazione. Nel novembre del 1937 Schacht scrisse a Hitler che “l’illimitata crescita delle spese dello Stato …  porta, nonostante l’enorme pressione esercitata sulla leva fiscale, le finanze statali sull’orlo del tracollo”.
 
Hitler lo licenziò e il suo successore, Walther Funk, tirò avanti con la cattive maniere obbligando molti paesi ad accettare marchi tedeschi o prodotti dell’industria tedesca in cambio delle loro esportazioni di materie prime; la Romania, che era un grande produttore di beni agricoli, fu addirittura costretta a importarli per soddisfare il contratto con la Germania. L’Anschluss è del 13 marzo 1938; il 15 marzo, molto prima del referendum farsa sull’annessione, Hitler ordinò che fosse sciolta la banca Nazionale Austriaca e che le sue riserve fossero “trasferite alla Reichsbank sul conto del Reich”. Iniziava la guerra di rapina e i problemi finanziari del Reich furono “risolti” trasferendo in Germania metalli preziosi, materie prime, prodotti agricoli e i frutti della fatica di milioni di prigionieri di guerra costretti ai lavori forzati. Il 22 agosto 1939, in un discorso ai comandanti dell’esercito per la preparazione dell’invasione della Polonia, disse: “L’Est ci procurerà il grano, il bestiame, il carbone e lo zinco”. Il 25 agosto Funk scrisse al Fuehrer: “Senza farmi notare ho trasformato in oro tutte le riserve della Reichbank e dell’intera economia tedesca all’estero ovunque sia stato possibile mettere le mani”. La rapina era al tempo stesso necessaria, consapevole e preordinata. 
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