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Il giusto “pasticcio” dell'Inps
Per bloccare l'aumento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita occorre una legge
Giampaolo Galli 14/01/2025

Nel momento in cui la CGIL ha lanciato l’allarme, il 9 gennaio, il calcolatore Inps riportava che per andare in pensione dal 2027 sarebbero serviti 67 anni e 3 mesi di età per l'assegno di vecchiaia, o 43 anni e un mese di contributi per quello di anzianità (un anno in meno per le donne); un rialzo di tre mesi rispetto ai requisiti attuali. Dal 2029, poi, stando al simulatore Inps sarebbero serviti ulteriori due mesi in più. Si tratta di un adeguamento non drammatico, giustificato dai ben noti andamenti demografici dell’Italia. Per confronto dal 2011 (riforma Fornero) ad oggi, l’adeguamento all’Istat ha comportato un aumento dell’età di pensionamento di un anno, da 66 a 67 anni. L’ultimi scatto, di ben 5 mesi, è avvenuto nel 2019, prima della sospensione della norma per il Covid. Naturalmente è lecito che il governo decida, come è successo varie volte in passato, di non effettuare l’adeguamento. Ma non se la prenda con l’Inps e soprattutto rifletta sulle conseguenze che il mancato adeguamento avrebbe sulla spesa pensionistica e dunque sulle tasse degli italiani nei prossimi anni.
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