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Pressione fiscale, polemiche e realtà

L'andamento è in linea con le previsioni del Piano strutturale di bilancio, ma con crescita in calo

Sergio De Nardis 07/01/2025

Pressione fiscale, polemiche e realtà Pressione fiscale, polemiche e realtà Nel Piano strutturale di bilancio (PSB), la pressione fiscale (insieme di imposte dirette, indirette, contributi sociali e imposte in conto capitale in percentuale del Pil nominale) è stimata per il 2024 al 42,3%, in rialzo di 0,8 punti rispetto al 2022 (quando era 41,5%). I recenti dati Istat sui conti delle Amministrazioni Pubbliche, che hanno scatenato polemiche, dicono che nel III trimestre la pressione fiscale è al 40,5%, in aumento di 0,8 punti rispetto a un anno prima e che nella media dei primi tre trimestri dell’anno è al 39,6%, in rialzo di 0,9 punti rispetto allo stesso periodo del 2023. La previsione di aumento della pressione fiscale, che era nelle proiezioni del governo fin da settembre, non sembra molto distante. Se non cambiano i dati, essa si realizzerebbe con un rapporto delle imposte sul Pil in prossimità del 50% nel IV trimestre (era al 49,2% nel IV 2023). Dov’è la sorpresa? Sta nel fatto che la tenuta della pressione fiscale avviene in un contesto congiunturale più fiacco di quanto scontato nel PSB. Andamento sospetto che implicherebbe, per una voce di bilancio caratterizzata da un’elasticità all’incirca unitaria al Pil, rialzi delle aliquote medie “di fatto”. L’incremento del Pil reale nel 2024 era previsto nel PSB dell’1%, mentre le stime di consenso ora lo collocano allo 0,7: 0,3 punti in meno di Pil - si sostiene - dovrebbero riflettersi nella dinamica del gettito tributario che invece sale sostanzialmente.
 
Ma quando si parla di tasse non è al Pil reale che bisogna guardare, ma a quello nominale che è tuttora in linea con le attese (+2,9% nei primi tre trimestri, come nelle previsioni del PSB per l’intero 2024), grazie al contributo dell’inflazione. Certo, c’è un effetto fiscal drag (aumento di gettito causato dell’inflazione) a tener su la pressione fiscale, ma non costituisce una novità: era già nei conti di settembre. Non sorprende, quindi, che le imposte stiano andando quasi come previsto. Se poi si vanno a guardare le componenti, si riscontra che sono soprattutto i contributi sociali (quindi occupazione) e le imposte indirette (consumi) a sospingere il gettito nell’ultima fase, mentre le imposte dirette hanno fornito il loro maggior contributo (nel confronto con lo stesso periodo del 2023) a inizio d’anno e quelle in conto capitale (che incidono poco) sono in regresso. Se quindi un interrogativo emerge, esso riguarda piuttosto la congruenza di un quadro macroeconomico che vede un mercato del lavoro robusto in un contesto di crescita in affievolimento: è aumentata sensibilmente, dal 2023, l'elasticità dell'occupazione al Pil. E' vero che il lavoro costa "poco" anche per l'ossessione di questo e dei precedenti governi per le misure di decontribuzione (che tendono a sostituire gli incrementi di salario lordo a carico dell’impresa), ma ciò non può aver avuto effetti così dirompenti come quelli implicati dai correnti dati su occupazione e attività economica. Quindi la domanda vera è: vedremo tra qualche tempo una correzione Istat al rialzo del Pil reale del 2023 e 2024?
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