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Bassi salari e modello tedesco

Oggi anche Draghi lo dichiara superato

Sergio De Nardis 16/12/2024

Bassi salari e modello tedesco Bassi salari e modello tedesco Il modello dei salari bassi, che oggi Draghi dichiara superato, è stato a lungo la filosofia del modello tedesco. Esso era funzionale prima di tutto a guadagnare competitività di costo nei confronti degli altri paesi dell’area euro, avvantaggiandosi dell’assenza di cambio. Il meccanismo ha funzionato sostanzialmente così: la manifattura tedesca ha sperimentato aumenti di produttività (fatto in sé virtuoso) sostanzialmente più forti che nei servizi. Tale crescita sbilanciata comportava squilibri interni ed esterni che richiedevano l’apprezzamento del cambio reale della Germania, via maggiore inflazione rispetto ai partner oppure, in alternativa, attraverso la rivalutazione del cambio nominale. Avendo la moneta unica soppressa quest’ultima possibilità, non rimaneva che il meccanismo della maggiore inflazione, ma anche questo veniva a sua volta spento col freno salariale (dinamiche retributive sotto la produttività). La virtù della crescita della produttività manifatturiera (potenzialmente benefica per l’intera economia) si è così trasformata in vizio, col contenimento del benessere dei cittadini tedeschi rispetto alle potenzialità e l’emergere di squilibri persistenti interni ed esterni.
 
Il risultato è stato il crescente surplus commerciale della Germania, dapprima nei confronti dei paesi partner e poi, quando questi sono andati in recessione con l’austerità, nei confronti del resto del mondo. Il valore esterno dell’euro era infatti sostanzialmente sottovalutato in rapporto ai fondamentali tedeschi. La diffusione del modello dei bassi salari al resto dell’area euro è stata una naturale conseguenza di quanto sopra descritto. In assenza completa di azioni di aggiustamento da parte della Germania, il riequilibrio competitivo intraeuropeo cadeva interamente sulle spalle delle economie europee in deficit che dovevano cercare di imitare (o meglio rincorrere) il modello tedesco, facendo esattamente quella stessa cosa: contenere i salari rispetto alla produttività, nel tentativo di ridurre la propria inflazione rispetto a quella (bassa) della Germania e così correggere gli squilibri commerciali. Non è da meravigliarsi se poi da tutto ciò sono scaturite stagnazione e deflazione europea. C’è solo da aggiungere che quel modello, oggi criticato, non è stato visto per molto tempo come un’aberrazione. Era parte della ricetta di austerità (indebolimento salariale via compressione della domanda interna in situazioni già recessive) prescritta ai paesi colpevoli (quelli in deficit) nella temperie della crisi dell’euro. Un esempio è la lettera al governo italiano dell'allora presidente della Bce Trichet, co-firmata da quello subentrante Mario Draghi.
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