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Se la Ue abbassa le stime del Pil
In Europa prevalgono i rischi al ribasso
Sergio De Nardis 18/11/2024
Se la Ue abbassa le stime del Pil
Rispetto al nostro Piano strutturale di bilancio (Psb), la “Autumn Forecast” della Commissione europea abbassa la crescita italiana di quest’anno (0,7% anziché 1 ipotizzato dal governo) e del 2025 (1% contro 1,2 del Psb), mentre la colloca marginalmente al di sopra nel 2026 (1,2% contro 1,1). Cumulativamente, nel triennio la crescita stimata dalla Commissione è inferiore di 0,4 punti rispetto alla previsione del governo. Sarebbe un gap tutto sommato contenuto, se non fosse che ad esso si aggiunge anche il divario, più ampio, relativo alle stime dell’inflazione. Nel triennio, l’aumento del deflatore del Pil per la Commissione è di 0,7 punti inferiore alle ipotesi del governo. Ne consegue che la distanza in termini di Pil nominale, variabile rilevante per i conti pubblici, diviene più rilevante: nel 2026, il Pil nominale della Commissione è di oltre 1 punto più basso di quello del governo. Le ripercussioni si vedono sulle poste di finanza pubblica, soprattutto sul rapporto debito/Pil che nel 2026 si colloca al 139,3%, 1,5 punti percentuali sopra l’ipotesi del governo (137,8%), essenzialmente per effetto della minore crescita nominale. Si innalza quindi per la Commissione la base di partenza dalla quale dovrebbe avviarsi, dopo il 2026, la discesa del debito/Pil pianificata dal governo. Sul fronte del deficit, invece, è salvaguardata la discesa dell’indebitamento appena sotto il livello del 3% nel 2026.
Nell’insieme, il quadro previsivo dell’Italia dipinto dalla Commissione prospetta una normalizzazione dopo la galoppata degli ultimi anni, ma al contempo conserva, in positivo, alcuni elementi emersi in quel periodo. La crescita potenziale, conseguita con la forte espansione post-pandemia, è stata corretta al rialzo, ampliando nel 2022-26 il vantaggio rispetto alla Germania e consolidando l’allineamento alla Francia. Inoltre, è vero che, secondo tali previsioni, l’Italia rientra nei ranghi nella dinamica annuale del Pil. Tuttavia, se si tiene conto delle dinamiche demografiche dei vari paesi, la normalizzazione non è evidente. Le stime sull’evoluzione della popolazione italiana sono state infatti riviste al ribasso a parità di Pil, talché la crescita del Pil pro-capite è stata rafforzata e continua a collocarsi, nel triennio previsivo, sopra quella dell’area euro. Si tratta di previsioni, gli andamenti reali potranno risultare peggiori o migliori. Tra i rischi prevalgono però quelli al ribasso, considerate le perduranti incertezze congiunturali, le guerre, i dazi, l'afasia nelle politiche di trasformazione strutturale, le possibili sottostime dell’impatto dell’incipiente stretta fiscale simultanea nell’Ue. Non riguardano in modo specifico l’Italia, ma l’intero quadro europeo. Il che rende la prospettiva più preoccupante.
Nell’insieme, il quadro previsivo dell’Italia dipinto dalla Commissione prospetta una normalizzazione dopo la galoppata degli ultimi anni, ma al contempo conserva, in positivo, alcuni elementi emersi in quel periodo. La crescita potenziale, conseguita con la forte espansione post-pandemia, è stata corretta al rialzo, ampliando nel 2022-26 il vantaggio rispetto alla Germania e consolidando l’allineamento alla Francia. Inoltre, è vero che, secondo tali previsioni, l’Italia rientra nei ranghi nella dinamica annuale del Pil. Tuttavia, se si tiene conto delle dinamiche demografiche dei vari paesi, la normalizzazione non è evidente. Le stime sull’evoluzione della popolazione italiana sono state infatti riviste al ribasso a parità di Pil, talché la crescita del Pil pro-capite è stata rafforzata e continua a collocarsi, nel triennio previsivo, sopra quella dell’area euro. Si tratta di previsioni, gli andamenti reali potranno risultare peggiori o migliori. Tra i rischi prevalgono però quelli al ribasso, considerate le perduranti incertezze congiunturali, le guerre, i dazi, l'afasia nelle politiche di trasformazione strutturale, le possibili sottostime dell’impatto dell’incipiente stretta fiscale simultanea nell’Ue. Non riguardano in modo specifico l’Italia, ma l’intero quadro europeo. Il che rende la prospettiva più preoccupante.
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