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La politica industriale: un timone nelle correnti del mercato
E stiamo attenti a non sacrificare la concorrenza
Andrea Boitani 15/11/2024
La politica industriale: un timone nelle correnti del mercato
Dopo decenni di oblio, la politica industriale è tornata sugli scudi. Non ultimo nel Rapporto Draghi. Claudio De Vincenti ha messo a fuoco il tema (tra tanti altri) in un libro di recentissima pubblicazione per i tipi de Il Mulino: Per un governo che ami il mercato. Il governo – sostiene De Vincenti – dovrebbe sempre fornire un’ “áncora” ai comportamenti di mercato (attraverso la tutela della concorrenza e la regolamentazione, quando necessaria), ma anche un “timone”, per orientare e integrare le scelte d’investimento in quelle aree (per esempio la transizione verde, la ricerca e sviluppo) e di localizzazione in quei territori dove i mercati non spingerebbero le imprese a inoltrarsi spontaneamente. La politica industriale è proprio questo “timone”. Come un timone nelle correnti del mare, il governo deve interagire con le imprese, cosciente di avere alcune informazioni che esse non hanno, ma anche di non disporre di tutte le informazioni e le conoscenze che le imprese hanno.
Meglio se l’amore tra governo e mercati è reciproco. La politica industriale, perciò, non deve risolversi in sterile dirigismo. E non deve neanche mai perdere di vista gli obiettivi e l’erogazione di risorse dovrebbe essere sempre condizionata a comportamenti coerenti con quegli obiettivi (industrial policy with conditionalities l’hanno definita Mariana Mazzucato e Dani Rodrik). Ma, soprattutto, il governo non deve perdere di vista che la politica industriale può influire sul livello e lo sviluppo della concorrenza e che, a sua volta, la tutela e lo sviluppo della concorrenza possono aiutare la politica industriale a essere più efficace. Chi invoca l’indebolimento della tutela della concorrenza e della regolamentazione per far posto alla politica industriale non fa un buon servizio all’efficacia della politica industriale. Il governo dovrebbe sempre stare molto attento agli effetti distributivi e di potere delle politiche industriali. Un’economia magari più efficiente, ma dove redditi, ricchezze e potere sono più concentrati in poche mani, non coincide con una società più libera e più democratica.
Meglio se l’amore tra governo e mercati è reciproco. La politica industriale, perciò, non deve risolversi in sterile dirigismo. E non deve neanche mai perdere di vista gli obiettivi e l’erogazione di risorse dovrebbe essere sempre condizionata a comportamenti coerenti con quegli obiettivi (industrial policy with conditionalities l’hanno definita Mariana Mazzucato e Dani Rodrik). Ma, soprattutto, il governo non deve perdere di vista che la politica industriale può influire sul livello e lo sviluppo della concorrenza e che, a sua volta, la tutela e lo sviluppo della concorrenza possono aiutare la politica industriale a essere più efficace. Chi invoca l’indebolimento della tutela della concorrenza e della regolamentazione per far posto alla politica industriale non fa un buon servizio all’efficacia della politica industriale. Il governo dovrebbe sempre stare molto attento agli effetti distributivi e di potere delle politiche industriali. Un’economia magari più efficiente, ma dove redditi, ricchezze e potere sono più concentrati in poche mani, non coincide con una società più libera e più democratica.
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