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Clima, nuovo allarme dell'Onu
Le emissioni aumentano e la temperatura sta salendo
Pia Saraceno 07/11/2024
Clima, nuovo allarme dell'Onu
In attesa del prossimo aggiornamento dei piani NDC (contributi nazionali all’obiettivo del contenimento delle temperature dei paesi aderenti all’accordo di Parigi) dovuti entro febbraio 2025, le Nazioni Unite hanno pubblicato il 15. Emissions Gap Report. Il messaggio principale è che a meno che le emissioni globali nel 2030 non vengano portate al di sotto dei livelli impliciti nelle politiche esistenti, sarà impossibile limitare il riscaldamento globale al di sotto dei due gradi: l'ambizione dichiarata nelle premesse dei piani, insomma, non significa nulla senza le azioni. Nella loro versione più aggiornata i NDC non sono globalmente in linea nemmeno sulla carta con gli obiettivi intermedi e finali. Inoltre, le politiche attualmente in atto sono ancora lontane da quanto necessario per rispettare la traiettoria pur insufficiente che nei piani stessi ci si è impegnati a perseguire.
Le emissioni continuano ad aumentare, la responsabilità tra i G20 (77% delle emissioni globali) è collettiva, dei paesi di nuova e vecchia industrializzazione. Con lo scenario a politiche attuali, le temperature supererebbero nel 2050 per oltre 3 gradi i livelli pre-industriali. L’Italia dunque con il suo piano energia e clima insufficiente (vedi InPiù del 24 ottobre) e le sue politiche contradditorie è in buona compagnia. ll rapporto Onu, tuttavia, mette in guardia nel dar ragione a chi lamenta l’eccessiva ambizione degli accordi internazionali, e la necessità di un percorso più “realistico”: gli strumenti e le tecnologie per azzerare le emissioni ci sarebbero, ciò che manca è la determinazione politica. Il rinvio delle azioni ci sta già costando molto, ma ci costerà ancora di più domani. Nella sua Staff Climate Note, il FMI esaminando l’intricata relazione tra natura e attività economica indica come l'attività economica abbia già provocato una distruzione della natura senza precedenti, causando rischi ambientali e finanziari a cascata, compresa l'instabilità sociale e geopolitica. I rischi legati alla natura, tra cui la perdita di biodiversità, i cambiamenti climatici e gli eventi meteorologici, sono una minaccia crescente anche per la stabilità finanziaria.
Le emissioni continuano ad aumentare, la responsabilità tra i G20 (77% delle emissioni globali) è collettiva, dei paesi di nuova e vecchia industrializzazione. Con lo scenario a politiche attuali, le temperature supererebbero nel 2050 per oltre 3 gradi i livelli pre-industriali. L’Italia dunque con il suo piano energia e clima insufficiente (vedi InPiù del 24 ottobre) e le sue politiche contradditorie è in buona compagnia. ll rapporto Onu, tuttavia, mette in guardia nel dar ragione a chi lamenta l’eccessiva ambizione degli accordi internazionali, e la necessità di un percorso più “realistico”: gli strumenti e le tecnologie per azzerare le emissioni ci sarebbero, ciò che manca è la determinazione politica. Il rinvio delle azioni ci sta già costando molto, ma ci costerà ancora di più domani. Nella sua Staff Climate Note, il FMI esaminando l’intricata relazione tra natura e attività economica indica come l'attività economica abbia già provocato una distruzione della natura senza precedenti, causando rischi ambientali e finanziari a cascata, compresa l'instabilità sociale e geopolitica. I rischi legati alla natura, tra cui la perdita di biodiversità, i cambiamenti climatici e gli eventi meteorologici, sono una minaccia crescente anche per la stabilità finanziaria.
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