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Ex Ilva, ultima chiamata per trovare il cavaliere bianco
Nelle manifestazioni d' interesse mancano i big dell'acciaio
Claudio Di Donato 01/10/2024
Ex Ilva, ultima chiamata per trovare il cavaliere bianco
Non devono trarre in inganno le 15 manifestazioni d’ interesse arrivate per l’ex Ilva. Il numero può sembrare elevato, in realtà sono soltanto 4 le manifestazioni per l’intero blocco, tutte le altre riguardano singoli asset. La presentazione delle manifestazioni d’interesse entro il 20 settembre come indicato nel bando di vendita è solo il primo passaggio della complessa e difficile operazione. Ben più importante il termine del prossimo 30 novembre per la presentazione delle offerte vincolanti, che potranno essere formalizzate anche da chi ha disertato il primo step della procedura. Nel complesso, il bando prevede gli stessi criteri di quello del 2016 che si concluse con la vendita a Arcelor Mittal, a cambiare, in peggio, è lo stato di salute di Acciaierie d’Italia, e le condizioni del mercato dell’acciaio, in particolare in Europa, che deve fare i conti con un surplus di export dalla Cina.
Al momento, tuttavia, fanno più notizia gli assenti, in particolare Arvedi e soprattutto Nippon Steel e gli ucraini di Metinvest. Difficile immaginare la discesa in campo del colosso giapponese, alle prese con l’acquisizione di US Steel da 15 miliardi. Metinvesti, invece, ha fatto sapere che l’ex Ilva non è una priorità e un coinvolgimento nella partita avverrà solo con forti partnership, a partire da un socio italiano, e con un ruolo importante del governo, replicando insomma lo schema per l’investimento da circa 2 miliardi a Piombino per un impianto da 3 milioni di tonnellate l’anno di prodotti finiti con la partnership di Danieli. Fuori dai giochi anche gli indiani di Jindal, impegnati nel rilancio di Piombino. Lo spezzatino dell’ex Ilva, quindi, è una concreta prospettiva, anche se i sindacati sono contrari. In questa fase è difficile individuare un soggetto capace di mettere in campo un’offerta e un piano industriale-finanziario in grado di offrire assicurazioni sulla tutela ambientale, sulla costruzione in tempi rapidi di forni elettrici e impianto di preridotto, e per la piena salvaguardia occupazionale. L’esperienza con Arcelor Mittal, tuttavia, dovrebbe aver insegnato che le dimensioni e le capacità dell’offerente sono importanti, ma secondarie piano rispetto ai veri obiettivi dei candidati all’acquisto. Su questa valutazione si dovrebbe misurare la qualità delle offerte vincolanti e l’eventuale ruolo del governo.
Al momento, tuttavia, fanno più notizia gli assenti, in particolare Arvedi e soprattutto Nippon Steel e gli ucraini di Metinvest. Difficile immaginare la discesa in campo del colosso giapponese, alle prese con l’acquisizione di US Steel da 15 miliardi. Metinvesti, invece, ha fatto sapere che l’ex Ilva non è una priorità e un coinvolgimento nella partita avverrà solo con forti partnership, a partire da un socio italiano, e con un ruolo importante del governo, replicando insomma lo schema per l’investimento da circa 2 miliardi a Piombino per un impianto da 3 milioni di tonnellate l’anno di prodotti finiti con la partnership di Danieli. Fuori dai giochi anche gli indiani di Jindal, impegnati nel rilancio di Piombino. Lo spezzatino dell’ex Ilva, quindi, è una concreta prospettiva, anche se i sindacati sono contrari. In questa fase è difficile individuare un soggetto capace di mettere in campo un’offerta e un piano industriale-finanziario in grado di offrire assicurazioni sulla tutela ambientale, sulla costruzione in tempi rapidi di forni elettrici e impianto di preridotto, e per la piena salvaguardia occupazionale. L’esperienza con Arcelor Mittal, tuttavia, dovrebbe aver insegnato che le dimensioni e le capacità dell’offerente sono importanti, ma secondarie piano rispetto ai veri obiettivi dei candidati all’acquisto. Su questa valutazione si dovrebbe misurare la qualità delle offerte vincolanti e l’eventuale ruolo del governo.
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