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L'energia nel rapporto Draghi
Gli errori compiuti e gli investimenti necessari per cambiare rotta
Pia Saraceno 13/09/2024
L'energia nel rapporto Draghi
Il rapporto Draghi dedica all’energia il capitolo iniziale (all.B): l’alto costo dell’energia è tra le cause che stanno alla radice della minore competitività europea rispetto a Usa e Cina, la crisi ne ha amplificato le distanze. Sono stati compiuti errori nel disegnare la politica energetica europea e di fatto non si è creato un vero mercato unico. Ogni paese avrebbe proceduto a seguire i dettami delle direttive, che hanno portato alla liberalizzazione dei mercati elettrici e del gas, perseguendo gli interessi nazionali con interpretazione delle regole anche in funzione di presunte difese degli interessi nazionali. Senza un obiettivo davvero comune, la regolazione si è inoltre troppo fidata dei cosiddetti “segnali di mercato”, esponendo i consumatori finali alla volatilità dei prezzi, amplificando così gli impatti dei fattori di crisi. L’elenco degli errori ricorda fatti noti: le regole con cui sono stati costruiti i mercati dell’energia elettrica e del gas hanno esposto i consumatori alla volatilità dei prezzi; l’immaturità e la concentrazione dei mercati dei derivati dell’energia hanno favorito margini stratosferici per i traders; il mancato sviluppo di mercati a lungo termine (PPA ) ha impedito ai consumatori di vedere i vantaggi delle rinnovabili; la disconnessione tra ambizioni climatiche da raggiungere con strumenti di mercato (ETS) ed impegno pubblico non è stata accompagnata dallo sviluppo di capacità produttiva adeguata a rispondere alle esigenze di trasformazione produttiva; e molto altro.
Insomma, l’Europa, che comunque non è uno Stato, nè una federazione di Stati, si è dimostrata un vaso di coccio tra due superpotenze, che in diverso modo hanno anche approfittato della sue debolezze. La correzione di rotta nel settore energia richiede più della metà dei fabbisogni di nuovi investimenti che il rapporto quantifica in 750-800 miliardi di euro per raggiungere gli obiettivi nei diversi ambiti strategici al 2030. La quantificazione è in linea con quanto già stimato dalla Commissione per realizzare il Green Deal, che non appare essere messo in discussione e il cui successo dipenderà tuttavia dal contesto in cui potrà essere realizzata.
Insomma, l’Europa, che comunque non è uno Stato, nè una federazione di Stati, si è dimostrata un vaso di coccio tra due superpotenze, che in diverso modo hanno anche approfittato della sue debolezze. La correzione di rotta nel settore energia richiede più della metà dei fabbisogni di nuovi investimenti che il rapporto quantifica in 750-800 miliardi di euro per raggiungere gli obiettivi nei diversi ambiti strategici al 2030. La quantificazione è in linea con quanto già stimato dalla Commissione per realizzare il Green Deal, che non appare essere messo in discussione e il cui successo dipenderà tuttavia dal contesto in cui potrà essere realizzata.
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