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Il difficile riassetto della gestione idrica
Mentre la siccità è ormai un'emergenza al Sud
Claudio Di Donato 05/09/2024
Il difficile riassetto della gestione idrica
Nonostante abbia compiuto 30 anni, la legge Galli non sente l’usura del tempo e tantomeno dei cambiamenti climatici e continua a rappresentare una robusta infrastruttura normativa per realizzare una gestione della risorsa acqua ispirata a criteri di efficienza ed efficacia. A rafforzare l’impalcatura, da 10 anni la regolazione delle forniture idriche è stata affidata all’Arera. Nel mezzo un referendum sciagurato per reclamare l’acqua come bene pubblico (peraltro la legge Galli stabiliva che tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e il consumo umano è prioritario rispetto a qualsiasi altro) e alcuni tentativi in Parlamento per rimettere indietro le lancette della storia. L’acqua è talmente pubblica che gli indirizzi e la programmazione spettano a Stato e Regioni, le funzioni di governo e controllo nonché la fissazione delle tariffe agli enti locali riuniti nelle Autorità di Ambito. La presenza pubblica si estende ai gestori idrici. Per fare qualche esempio, il sindaco di Roma è l’azionista di maggioranza di Acea, le multiutility Hera, A2A e Iren sono controllate dagli enti locali, le società idriche di Milano, Torino, Palermo sono partecipate al 100% dai Comuni. Negli ultimi anni il settore si è messo in moto ma si muove lentamente: le perdite della rete restano oltre il 40% dell’acqua immessa, con situazioni da vera emergenza siccità al Sud, gli oltre 2mila operatori segnalano che il principale obiettivo della legge Galli di superare la frammentazione delle gestioni è ben lontano dall’essere raggiunto.
Il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin ha annunciato che i gestori idrici dovrebbero scendere a un centinaio, ma senza indicare strategie e strumenti per il riassetto. La questione è che l’acqua, anche se in Italia costa meno di molti altri paesi, rappresenta una fonte di potere e un business redditizio per gli enti locali. Il servizio idrico assicura il 53% del margine operativo di Acea (oltre 760 milioni su 1,5 miliardi), quasi il 40% per Acquedotto Pugliese e la MM di Milano, oltre il 30% per Iren e la Smat di Torino. Margini più contenuti per Hera (il 18%) e la Amap di Palermo (17%). Differenze che riflettono anche diversi livelli tariffari, difficili da spiegare. L’ad di Acea Fabrizio Palermo ha detto che l’acqua del rubinetto a Roma costa appena un quarto di centesimo e tuttavia a Palermo costa la metà, in Puglia e a Milano il 40% in meno. Per effetto dei cambiamenti climatici, l’acqua è diventata una priorità: più che la cabina di regia servirebbe un ministero (come hanno fatto India e Australia) e ridurre un poco l’ingombrante conflitto di interessi in capo allo Stato in tutte le sue articolazioni.
Il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin ha annunciato che i gestori idrici dovrebbero scendere a un centinaio, ma senza indicare strategie e strumenti per il riassetto. La questione è che l’acqua, anche se in Italia costa meno di molti altri paesi, rappresenta una fonte di potere e un business redditizio per gli enti locali. Il servizio idrico assicura il 53% del margine operativo di Acea (oltre 760 milioni su 1,5 miliardi), quasi il 40% per Acquedotto Pugliese e la MM di Milano, oltre il 30% per Iren e la Smat di Torino. Margini più contenuti per Hera (il 18%) e la Amap di Palermo (17%). Differenze che riflettono anche diversi livelli tariffari, difficili da spiegare. L’ad di Acea Fabrizio Palermo ha detto che l’acqua del rubinetto a Roma costa appena un quarto di centesimo e tuttavia a Palermo costa la metà, in Puglia e a Milano il 40% in meno. Per effetto dei cambiamenti climatici, l’acqua è diventata una priorità: più che la cabina di regia servirebbe un ministero (come hanno fatto India e Australia) e ridurre un poco l’ingombrante conflitto di interessi in capo allo Stato in tutte le sue articolazioni.
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