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I danni della Trumpnomics e la risposta Ue
Isolazionismo, protezionismo, tensioni sul mercato del lavoro e inflazione
Marcello Messori 02/08/2024
I danni della Trumpnomics e la risposta Ue
Di recente, Joe Stiglitz ha sostenuto che una vittoria di Trump alle prossime elezioni presidenziali statunitensi avrebbe impatti negativi sull’economia dell’area determinando una riduzione del tasso di crescita, un innalzamento del tasso di inflazione e un aumento delle diseguaglianze. Questa previsione è condivisibile per due ragioni. Primo, la priorità del candidato presidente (MAGA: Make America Great Again) comporta – sotto il profilo economico – aumenti del protezionismo, riorientamenti dei programmi di sostegno pubblico dai settori ‘verdi’ e innovativi a quelli tradizionali con alto impatto ambientale, ulteriori riduzioni della pressione fiscale per imprese inefficienti e per fasce privilegiate di popolazione. Nel breve termine, data la limitata apertura internazionale degli Stati Uniti, la pressione verso l’alto nei prezzi dei beni importati potrebbe essere più che compensata dall’accresciuta offerta interna di beni e servizi di base. Nel medio periodo, però, la caduta degli investimenti più innovativi e il conseguente palesarsi di ritardi tecnologici nei confronti della Cina e di altre aree alimenterebbero l’inflazione e, uniti alle scelte fiscali e all’accelerato degrado ambientale, peserebbero sui già ingenti squilibri nel bilancio pubblico.
Tali impatti negativi sarebbero rafforzati dalla seconda ragione: la chiusura verso l’immigrazione spinta fino all’espulsione degli immigrati illegali. Un’attuazione anche parziale di simili politiche causerebbe scompensi nel mercato del lavoro con pressioni salariali settoriali. Le restrizioni di politica monetaria, dovute alla conseguente spirale inflazionistica, indurrebbero tagli della spesa pubblica a danno delle componenti più vulnerabili della popolazione. Le difficoltà della crescita statunitense, indotte dai limiti di produttività e di disponibilità di lavoro, spingerebbero la presidenza Trump ad accentuare le pratiche isolazioniste. L’Unione europea ne sarebbe penalizzata, e non solo sul piano economico. Essa deve, quindi, realizzare al più presto quei cambiamenti del suo assetto produttivo che sono inevitabili per difendere il suo peso internazionale e il suo benessere interno nel medio periodo ma che, di fronte alla minaccia trumpiana, diventano esistenziali anche nel breve termine.
Tali impatti negativi sarebbero rafforzati dalla seconda ragione: la chiusura verso l’immigrazione spinta fino all’espulsione degli immigrati illegali. Un’attuazione anche parziale di simili politiche causerebbe scompensi nel mercato del lavoro con pressioni salariali settoriali. Le restrizioni di politica monetaria, dovute alla conseguente spirale inflazionistica, indurrebbero tagli della spesa pubblica a danno delle componenti più vulnerabili della popolazione. Le difficoltà della crescita statunitense, indotte dai limiti di produttività e di disponibilità di lavoro, spingerebbero la presidenza Trump ad accentuare le pratiche isolazioniste. L’Unione europea ne sarebbe penalizzata, e non solo sul piano economico. Essa deve, quindi, realizzare al più presto quei cambiamenti del suo assetto produttivo che sono inevitabili per difendere il suo peso internazionale e il suo benessere interno nel medio periodo ma che, di fronte alla minaccia trumpiana, diventano esistenziali anche nel breve termine.
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