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Modelli interni e calcolo del capitale bancario
Le riflessioni del Governatore Panetta
Andrea Battista 01/08/2024
Fabio Panetta
Poche righe dedicate al tema dei modelli interni nella recente relazione del governatore Panetta all'assemblea dell'Abi - al momento passate sotto silenzio - meritano qualche breve riflessione. I modelli interni per la determinazione di quante risorse patrimoniali servono a una data banca per operare hanno avuto il picco del loro apprezzamento nell'era della scarsità del capitale, nella fase introduttiva sia di Basilea che - per le assicurazioni - di Solvency 2. Ora, con il recepimento e l'entrata a regime degli ultimi accordi di Basilea, l'era dei grandi risparmi di capitale grazie ai modelli interni sembra volgere al termine, o almeno si ridimensiona significativamente. L'estrema complessità tecnica di un modello interno di capitale di un grande gruppo bancario - o assicurativo - è evidente. Ai tempi dell'avvio del regime assicurativo, destò scalpore l'application di un grande assicuratore tedesco che pare mandò alla Bafin un camion straboccante di documentazione analitica!
L'asimmetria informativa tra regolato - che sa perché ha costruito il modello - e supervisore - che lo deve studiare da cima a fondo - è evidente e non facile da risolvere, se non impiegando molte risorse estremamente qualificate. I costi di transazione per la gestione di questa dinamica sono molto rilevanti e non sono alla portata di tutti, ma solo dei maggiori operatori. I benefici dei modelli interni possono essere comunque di profilo gestionale, perché la banca comprende meglio dove si annidano rischi a livello micro, se li valuta con questi strumenti analiticamente sofisticati. In ogni caso, maggiore prudenza complessiva e capitale più allineato tra operatori grandi e piccoli - ora che tassi di interesse normalizzati consentono di generare adeguata redditività - non sorprendono. Una domanda è lecita: forse gli investimenti di alcuni operatori, alla luce di questa dinamica, sarebbero stati meno copiosi?
L'asimmetria informativa tra regolato - che sa perché ha costruito il modello - e supervisore - che lo deve studiare da cima a fondo - è evidente e non facile da risolvere, se non impiegando molte risorse estremamente qualificate. I costi di transazione per la gestione di questa dinamica sono molto rilevanti e non sono alla portata di tutti, ma solo dei maggiori operatori. I benefici dei modelli interni possono essere comunque di profilo gestionale, perché la banca comprende meglio dove si annidano rischi a livello micro, se li valuta con questi strumenti analiticamente sofisticati. In ogni caso, maggiore prudenza complessiva e capitale più allineato tra operatori grandi e piccoli - ora che tassi di interesse normalizzati consentono di generare adeguata redditività - non sorprendono. Una domanda è lecita: forse gli investimenti di alcuni operatori, alla luce di questa dinamica, sarebbero stati meno copiosi?
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