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Pil (0,2% nel II trimestre) trainato dai servizi

Difficile consolidare il ciclo positivo senza il contributo dell'industria

Sergio De Nardis 30/07/2024

Pil (0,2% nel II trimestre) trainato dai servizi Pil (0,2% nel II trimestre) trainato dai servizi La stima Istat del Pil nel II trimestre (0,2%) è abbastanza in linea con le attese dei previsori. Essa racconta, inoltre, che la crescita italiana è attualmente tutta sulle spalle del robusto andamento dei servizi. Ossia della variabile meno ciclica che, tuttavia, sta assumendo in questa fase il ruolo-guida della congiuntura nazionale, costituendo del resto il 70% dell’economia. Continua, invece, la flessione della manifattura a cui si affianca l’indebolimento delle costruzioni. Entrambi i settori subiscono il “morso” della politica monetaria restrittiva, da noi un po’ più severa che altrove per la più rapida disinflazione italiana. Nel caso dell’industria, la stretta monetaria si esplica anche attraverso la fiacca dinamica del commercio intra-europeo su cui incide la stasi della Germania (-0,1%). Nel caso delle costruzioni, incombe lo stop del superbonus che non sembra, però, essersi fatto ancora sentire in pieno nei dati del II trimestre. Sul lato della domanda, coerentemente con le indicazioni dell’offerta, è la spesa interna a sostenere il Pil, a fronte di un contributo negativo delle esportazioni nette. Nel complesso, con questo dato l’economia si conferma in pista per realizzare quella previsione del Def dell’1% nel 2024, giudicata tuttora ottimistica da alcuni osservatori.
 
 
 
Certo è una congiuntura atipica, senza il traino dell’industria. Riflette quelle che si pensava fossero temporanee anomalie del rimbalzo post-pandemia (boom servizi) e che si rivelano invece elementi di una tendenza più durevole. Sembra, tuttavia, difficile che il ciclo positivo possa fare a meno di una ripresa dell’industria. Questo rimane, quindi, uno dei maggiori punti interrogativi per definire gli andamenti dei prossimi trimestri, costituendo un rischio per il 2025. Questi dati, insieme a quelli congiunturali che si renderanno disponibili, pongono le basi provvisorie su cui costruire la prossima previsione del governo che andrà inglobata nel nuovo Piano di medio termine da presentare a settembre. Sarà un percorso che il Mef dovrà percorrere insieme all’Upb, nel ruolo di controllore delle stime governative. Esso si intreccerà con la revisione dei conti nazionali Istat del 23 settembre, da cui deriva il sospetto di provvisorietà dei dati attualmente a disposizione. I nuovi conti potrebbero infatti riservare sorprese, incorporando tanto la revisione del cosiddetto benchmark (nel passato si sono spesso avute, in tali occasioni, rivalutazioni del Pil), quanto l’acquisizione di nuove informazioni che contribuiranno a meglio definire le dinamiche del 2022 e, soprattutto, del 2023, anno in cui sembrerebbe mancare ancora all’appello una quota di investimenti edilizi. Insomma, la storia potrebbe essere in parte riscritta il ché non è una buona notizia per chi deve fare previsioni.  
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