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L'”astuzia della storia” che avvantaggia le imprese

Perché le nostre aziende hanno migliorato la competitività

Fabrizio Galimberti 18/07/2024

L'”astuzia della storia” che avvantaggia le imprese  L'”astuzia della storia” che avvantaggia le imprese Luigi Spaventa la definì “un’astuzia della storia”: le svalutazioni del 1992-93 non portarono inflazione, grazie al senso di responsabilità dei sindacati. E pochi anni dopo quell’eccezione, l’affannosa e affannata altalena di inflazioni/svalutazioni dei decenni precedenti venne a cessare una volta entrati nell’euro: il cambio non si poteva più svalutare a piacimento. Quando un Paese è irretito nella moneta unica, ci sono solo due vie per guadagnare competitività. La prima, che riguarda i fattori diversi dal prezzo, è quella di spingere sull’innovazione, sulla qualità dei prodotti, sul servizio post-vendita, sui tempi di consegna e su altri fattori. La seconda, che riguarda la competitività-prezzo, è quella di svalutare, non col cambio, ma con un’altra ‘astuzia della storia’: una ‘svalutazione interna’, cioè a dire con un aumento dei costi – principalmente il costo del lavoro – inferiore rispetto ai concorrenti.
 
In questi anni recenti, le imprese italiane hanno guadagnato competitività agendo su ambedue i fattori. Sia sui fattori dello spostamento su segmenti più alti di valore aggiunto (grazie all’innovazione di processo e di prodotto), sia grazie alla – meno conosciuta – ‘svalutazione interna’ A partire dal 2010, l’inflazione ‘fatta in casa’ (rappresentata dal deflatore del Pil, che è una media ponderata del costo del lavoro per unità di prodotto e dei profitti lordi per unità di prodotto, più la zavorra delle imposte indirette) si è rivelata più bassa in Italia, sia rispetto alla Germania che rispetto alla media dell’Eurozona. E questa migliore performance si è accentuata negli ultimi anni, dal 2019. Anche il costo del lavoro (salari e stipendi, nella definizione di contabilità nazionale) è aumentato, da prima del Covid a oggi, nettamente di meno in Italia rispetto alla Germania e alla media Eurozona. La perdita di potere d’acquisto dei lavoratori è stata compensata dall’occupazione, che ha fatto segnare aumenti record. Talché i consumi delle famiglie sono aumentati, nello stesso periodo, in linea con l’Eurozona e più che in Germania.
 
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