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Se il debito Usa rischia il default

Il ricorrente braccio di ferro Presidente-Congresso sul limite all'indebitamento

Fabrizio Galimberti 17/05/2023

Se il debito Usa rischia il default Se il debito Usa rischia il default Come il famoso fiume carsico, la questione del limite al debito pubblico americano emerge con esasperante periodicità. Il die ad quem si avvicina, e se il Tesoro non potesse servire il debito a causa del limite, il default avrebbe devastanti conseguenze per l’economia mondiale. Già ne avevo parlato, a riprova della ‘carsicità’ dell’assunto, vicino a un altro die ad quem, il 29 settembre 2021. Ci sono tante proposte di soluzione alla ‘strana’ legge che statuisce quel limite. Perché strana? Perché non c’è dollaro che esca dalle casse federali che non sia giustificato da una legge di spesa. Così come non c’è dollaro che entri nelle casse che non sia legato a una qualche norma fiscale legiferata dal Congresso. Il deficit che ne risulta non piace? Allora la via maestra è quella di cambiare le leggi di entrata e di spesa che hanno portato a quel deficit, non di rifiutarsi di onorare gli impegni presi. È un po’, per ripetere la metafora, come se uno andasse al ristorante e ingollasse antipasto, primo, secondo, dessert, vino, caffè e ammazzacaffè e poi, al momento di pagare, dicesse che non può perché è arrivato al limite di quello che può spendere. Il problema è che quella strana legge si presta a essere ‘weaponized’ (usata come un’arma) quando l’esecutivo e il legislativo (il Presidente e il Congresso) sono su diverse sponde politiche. Talché la Camera – oggi dominata dai Repubblicani – minaccia, usando un’arma impropria, di non alzare il limite al debito a meno che il Presidente – Democratico – non acconsenta a tagli di spesa o riduzione di tasse che altrimenti non avrebbero nessuna possibilità di essere approvati usando i normali processi legislativi.
 
Ma veniamo alle proposte. Alcune semiserie: per esempio, emettere titoli di valore facciale x, con un tasso di interesse del 10%; vedrebbero subito salire di molto il prezzo, ma per il debito conta solo il valore facciale, e gli Usa si finanzierebbero con il sovrapprezzo. La cosa sembra un po’ lambiccata, ma non così divertente come la ‘monetissima’: in America la creazione di moneta metallica da parte della zecca non ha limiti (a differenza dell’Eurozona): e c’è una legge che autorizza il Governo a battere, per commemorazioni varie, monete di platino a corso legale, senza limiti di denominazione. Così, qualche bello spirito (fra cui il premio Nobel Paul Krugman) ha proposto di battere una ‘monetissima’ con valore facciale di un trilione di dollari, depositarla presso la Fed, e poi tirare sul conto per pagare le spese pubbliche senza dover emettere titoli di debito. Sì, sarebbe creazione di moneta a gogò, ma non crea pericoli per l’inflazione, dato che la Fed potrebbe facilmente sterilizzare queste iniezioni di liquidità vendendo parte dei molti trilioni di dollari in titoli pubblici che ha in portafoglio. E poi c’è chi propone di vendere l’oro di Fort Knox…La proposta seria è quella del ricorso di costituzionalità (il XIV° emendamento della Costituzione statuisce che la «validità del debito pubblico degli Stati Uniti... non sarà messa in discussione»); al che Biden dà istruzioni al Tesoro di continuare a emettere titoli per finanziare le spese, dato che non vuole violare la Costituzione. Sì, ci sarebbero corsi e ricorsi, ma è meglio tentare quella via: risolvere il problema una volta per tutte, perorando l’incostituzionalità della ‘strana legge’. Oggi permette ai Repubblicani di ricattare un Presidente dell’altra sponda, ma un domani potrebbe accadere l’inverso: meglio disarmare i ricatti.
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