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Conti pubblici, l'aiuto che può venire dall'inflazione

E dalla riduzione dei prezzi delle materie prime e dalla nuova contabilità dei bonus edilizi

Giampaolo Galli 16/03/2023

Conti pubblici, l'aiuto che può venire dall'inflazione Conti pubblici, l'aiuto che può venire dall'inflazione  
Su Inpiù del 2 febbraio avevo argomentato che il progetto di bilancio del governo, contenuto nella Nadef del novembre scorso, è fortemente restrittivo in quanto comporta che il deficit scenda al 3% entro il 2025. Avevo altresì osservato che tale progetto si regge sull’ipotesi che sia possibile tenere pressoché ferme le spese a prezzi correnti, malgrado l’alta inflazione del 2022 e dei primi mesi del 2023. Per stare al passo con l’inflazione (come da previsioni della Commissione Ue) alla spesa pubblica mancherebbero ben 82 miliardi nel 2023,  111 e 117 nei successivi due anni. Per completare il ragionamento occorre tenere conto di vari fattori, alcuni dei quali possono facilitare il compito del governo. Un primo fattore è dato dalla riduzione dei costi delle materie prime, scese quasi tutte al di sotto dei valori che avevano prima dell’inizio della guerra in Ucraina; in particolare il prezzo del gas sembra essersi stabilizzato fra i 40 e i  50 euro a MWh, ben sotto i 90 del 23 febbraio. Questo dovrebbe consentire di ridurre di molto e forse in prospettiva di annullare i sostegni a imprese e famiglie che nel 2022 sono costati circa il 3% del Pil. Un secondo fattore favorevole è dato dalla nuova contabilizzazione dei bonus edilizi effettuata l’1 marzo da  Istat, sulla base dei criteri Eurostat: ciò ha comportato un aumento del rapporto deficit/pil dello 0,2% nel 2020 e del 1,8% nel 2021. Nel 2022, l’aumento dovrebbe essere stato circa del 2,4%. Complessivamente, siamo al 4,4%. Tenuto conto che il bonus di gran lunga prevalente nella revisione Istat è stato l’ecobonus 110% che è deducibile in 5 anni, si può ipotizzare che nei prossimi 4 anni ci sarà una riduzione contabile del deficit di quasi l’1% l’anno. Va poi considerato che il recente decreto del governo ha bloccato la cessioni dei crediti, rendendo così molto meno conveniente il ricorso ai bonus edilizi. 
 
 
Vi sono peraltro rilevanti fattori di rischio, in parte dipendenti dagli scenari geopolitici e militari. Inoltre, come ha segnalato il ministro Giorgetti, vi è il rischio che i tassi di interesse della Bce aumentino più di quanto ipotizzato nel progetto di bilancio. Ma la questione principale rimane quella della capacità del governo di mantenere sotto controllo, anche se non letteralmente costante, la spesa. Occorre evitare che prevalgano le tante e in fondo legittime richieste di recupero del potere d’acquisto perso per via dell’inflazione, di quella che già abbiamo registrato fino ad oggi e di quella che verosimilmente dovremo affrontare nei prossimi mesi. L’inflazione non è un bel modo di sistemare i conti pubblici. Un attento lavoro di revisione della spesa consentirebbe di agire in modo mirato sui tanti sprechi che si annidano nel grande mare della spesa pubblica. Ma va anche riconosciuto che fino ad ora questo lavoro non è riuscito a nessun governo.  
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