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“Case green” opportunità per rinnovare il patrimonio
… perché è vecchio e inquinante
Giuseppe Roma 16/03/2023

Sono in gioco i criteri per determinare la suddivisione delle classi energetiche, che potrebbero ridurre il patrimonio italiano con obbligo di intervento dal 74% al 45%, secondo stime attendibili. Poi va determinata la casistica degli edifici da escludere: patrimonio storico, seconde case, case unifamiliari e popolari. Andrebbero, poi, spiegati bene ai cittadini sempre restii a mettere mano al portafoglio, i vantaggi dell’operazione. Non solo quelli generali pur rilevanti (effetti sui cambiamenti climatici, siccità, danni all’agro-alimentare etc.) ma soprattutto i ritorni personali. Gli esperti valutano che passare dalla classe G a quella D comporta un risparmio dei costi delle bollette fra il 20 e il 50% e un incremento del valore immobiliare del 30%. Inoltre, dal 2006 sono operanti i crediti d’imposta che sgravano il costo di più della metà. Gli interventi di efficientamento (infissi, caldaia, coibentazione) per un’abitazione media si calcola possano costare dai 20 ai 30 mila euro, ma in 10 anni si recupera il 65%. Certo, è indispensabile far dimenticare la sbornia da 75 miliardi di euro del 110%, di cui hanno goduto i più svelti a scapito di tutti i contribuenti. Bisogna individuare i meccanismi anche finanziari in grado di sostenere le fasce che non dispongono di tutte le risorse necessarie, pagando magari i lavori a rate. La gran parte degli italiani ha acquistato la casa accendendo un mutuo, ma attualmente solo il 12% dei 19 milioni di proprietari ha ancora rate da pagare. Una politica più seria e attenta, invece di raccontare la favoletta dell’Europa matrigna, della patrimoniale strisciante, dovrebbe cavalcare questa opportunità di miglioramento e impegnarsi a intervenire con equità e saggezza.
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