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Stime del Pil al rialzo

Nonostante il calo della produzione a gennaio (-0,7%) e i rischi d'instabilità finanziaria

Sergio De Nardis 14/03/2023

Stime del Pil al rialzo  Stime del Pil al rialzo I previsori stanno aggiustando al rialzo le stime di crescita per l’Italia nell’anno in corso rispetto a quanto si attendeva tre mesi fa. Si era formato allora un consenso circa una crescita del Pil 2023 prossima allo 0,6%, ora le previsioni si stanno spostando verso l’1%. Si vedrà a breve che cosa ipotizza il Governo nel Def. Certo, il calo della produzione industriale a gennaio, comunicata oggi dall’Istat (-0,7%), può essere percepito come non molto incoraggiante, avendo cancellato quasi del tutto il balzo (rivisto peraltro al ribasso) di fine 2022. Tuttavia, gli indicatori congiunturali qualitativi sono quasi univocamente positivi, suggerendo un’attività produttiva tornata in graduale espansione nel I trimestre tanto nell’industria che nei servizi, a fronte però di una frenata nelle costruzioni.
 
Il rientro dallo shock energetico (minori costi di produzione e disinflazione), nonché la prosecuzione dello smobilizzo del risparmio accumulato dalle famiglie spingono la congiuntura sui lati sia dell’offerta che della domanda. Queste forze endogene a sostegno della crescita dovrebbero durare ancora per un po’ di tempo. Dovrebbero essere anche abbastanza robuste da contrastare gli impulsi opposti provenienti dalle politiche macroeconomiche, con il materializzarsi degli effetti dei rialzi (passati e futuri) dei tassi di interesse e l’avvio dell’aggiustamento dei saldi di finanza pubblica. Sul quadro incombe, peraltro, l’improvviso riemergere dell’instabilità finanziaria col fallimento delle banche californiane. Non sembra un nuovo 2008, ma le bruciature prese dai previsori ai tempi dei subprime (è una crisi circoscritta, si diceva) inducono ad essere prudenti. In definitiva, la congiuntura è in miglioramento e ciò giustifica un rialzo delle stime, ma sussistono venti contrari che occorre tener d’occhio.
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paolo carnazza 15/03/2023 18:39
L’analisi di De Nardis ben sintetizza le forze contrastanti (positive e negative) che stanno caratterizzando l’attuale scenario congiunturale in Italia. A nostro parere, i venti contrari che si stanno delineando all’orizzonte, indicati da De Nardis, rischiano purtroppo di crescere d’intensità riguardo soprattutto la domanda di beni di consumo. In particolar modo, sulla base di un recente studio (Cassese D., Ferroni V., Macauda V., Covid – 19, saving rate and the surge in inflation: some evidence on Italian household consumption, Economic, Focus, MEF, n.1, marzo 2023), è emerso che, nonostante le numerose misure fiscali di sostegno ai redditi attuate dal Governo per contrastare gli effetti della pandemia, la distribuzione asimmetrica del risparmio tra le famiglie (in aumento prevalentemente presso le classi più abbienti) e il maggiore impatto dell'inflazione su quelle a basso reddito potrebbero avere l’effetto di moderare ulteriormente l’andamento dei consumi delle famiglie; ciò potrebbe contribuire a deprimere gli investimenti, già indeboliti da un diffuso e crescente clima di incertezza. Sulla debole domanda di consumi potrebbe, inoltre, incidere la recente approvazione del Parlamento europeo riguardo la riforma della direttiva Ue sulle prestazioni energetiche degli edifici al fine di migliorarne la relativa efficienza. Senza entrare nel merito di questa direttiva, che dovrà comunque ancora essere approvata dal Consiglio europeo e che vede molte posizioni contrastanti tra i vari Paesi europei, la direttiva - se applicata - imporrà sicuramente costi aggiuntivi per favorire il passaggio delle abitazioni a categorie energetiche superiori. Costi stimati tra i 20 mila e i 40 mila euro (Gabanelli M., Marro E., Obbligo di intervento su 1,8 milioni di edifici, Il Corriere della Sera 15 marzo 2023). La direttiva non prevede sanzioni per il singolo che decide di non realizzare alcuna spesa per migliorare le prestazioni energetiche della propria casa, ma sarà il mercato stesso a determinarne un deprezzamento: il negativo “effetto ricchezza” potrebbe così indebolire, nell’arco dei prossimi anni, la domanda di beni di consumo e paralizzare il mercato immobiliare.