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La tassa piatta non semplifica

E mette a rischio l'equilibrio sociale

Giuseppe Roma 14/03/2023

La tassa piatta non semplifica  La tassa piatta non semplifica La legge delega fiscale sembra in dirittura d’arrivo, e non si può che augurare ai legislatori di riuscire innanzitutto nel proposito di semplificare un sistema che, essendo stato soggetto a continue modifiche, si presenta oggi come un puzzle talmente sminuzzato da non comporre più un’immagine facilmente leggibile. Un traguardo ambizioso visto che avere a che fare con il fisco in Italia è fuori della portata del semplice contribuente, e persino difficoltoso da interpretare univocamente anche da parte degli esperti tributaristi. E’, tuttavia, legittimo dubitare che a questo fine possa servire una tassa piatta estesa anche al lavoro dipendente, un meccanismo peraltro inadatto a rappresentare efficacemente una società e un’economia molto complesse. Non è un caso che in Europa adottino questo sistema paesi come la Russia o in precedenza appartenenti all’Unione Sovietica dove fino agli anni ’90 praticamente non esisteva un sistema fiscale. Rispettare la progressività sancita dalla Costituzione operando su detrazioni e deduzioni, manderebbe a pallino il proposito della semplificazione.
 
Un altro obiettivo che le attuali forze politiche di governo dichiarano di voler perseguire è quello della riduzione della pressione fiscale, una finalità che, mettendo a rischio il gettito, non potrebbe che tradursi in un progressivo taglio alle spese di protezione sociale. Questioni come il declino demografico a fronte dell’invecchiamento della popolazione, il necessario rafforzamento della sanità pubblica, la transizione ambientale e digitale, al contrario, fanno prevedere per il futuro maggiori oneri per la spesa pubblica, anche per evitare possibili conflitti sociali. E’ importante spiegare e comunicare bene i cambiamenti che verranno introdotti soprattutto per accrescere la fedeltà fiscale. Chi è corretto paga di più e riceve di meno, mentre chi sfugge o elude può beneficiare più facilmente del sostegno pubblico. Su circa 42 milioni di dichiaranti, 24 milioni denunciano un reddito complessivo inferiore ai 20.000 euro annui coprendo l’8,5% del gettito. All’estremo opposto, a dichiarare più di 100.000 euro annui sono mezzo milione di contribuenti che coprono il 20% del gettito totale. Forse sono pochi rispetto al tenore di vita del paese. Bisogna agire per rimuovere anche questa odiosa forma di disuguaglianza fra i “tax laterà” e i “tax users”, tenendo conto che a reggere il sistema fiscale sono soprattutto redditi e consumi personali. Nel 2022, infatti, le entrate tributarie erariali sono ammontate a 544,5 miliardi, per il 40% derivano dall’Irpef, per il 14% dall’ Ires e altre imposte dirette, per il 30% dall’Iva e il 16% da altre indirette. Sul fisco si gioca una partita importante per la nostra democrazia incidendo sul rapporto di fiducia fra cittadino, impresa e Stato.
 
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